LA STORIA – Il paradossale episodio del 1983, quando morì il giudice di linea Richard Wertheim. Battè la testa dopo un servizio di Stefan Edberg, il più elegante e corretto di tutti.
Richard Wertheim a terra dopo la caduta che gli sarà fatale. A destra, la disperazione del giovane Stefan Edberg

Di Riccardo Bisti – 3 dicembre 2013


Capita spesso che i giudici di linea provino a evitare le pallate dei tennisti, tra movimenti goffi e risultati alterni. E' una scena di routine, finisce quasi sempre con una risata del pubblico. Quella volta no. Ed è paradossale che il protagonista fosse Stefan Edberg, emblema di correttezza e sportività. Correva l’anno 1983: erano passati due mesi dalla sconfitta contro Sundstrom al secondo turno di Wimbledon, quell’8-6 al quinto che spinse Rino Tommasi a pronunciare una delle sue frasi più famose. “Se questo ragazzo non vincerà Wimbledon entro 5 anni, smetterò di scrivere di tennis”. Stefan gli diede ragione proprio nel 1988, ma questa è un’altra storia. Nel 1983, era ancora un ragazzino. E firmò una grande impresa: conquistò il Grande Slam junior. Trent’anni dopo, nessuno lo ha ancora imitato. Soltanto Gael Monfils c’è andato vicino. Ma nella semifinale dello Us Open, penultimo atto della cavalcata, un suo servizio generò la tragedia. Tra i giudici di linea, c’era un signore americano di 60 anni. Si chiamava Richard Wertheim, ma lo chiamavano tutti “Dick”. Il serve and volley di Edberg era già splendente e maestoso, elegante come il volo di un gabbiano. Ed anche il suo servizio in kick, velenoso e letale, era già pronto per i professionisti. Tanto da bucherellare le difese di Patrick McEnroe. In uno di questi, Wertheim provò a schivare la palla, ma ne fu ugualmente colpito all’inguine. Perse l’equilbrio e cadde per terra. Battè violentemente la nuca e finì in coma per un ematoma subdurale. Fu trasportato d’urgenza presso il Flushing Hospital and Medical Center, ma non ci fu nulla da fare. Sarebbe morto cinque giorni dopo, senza aver mai ripreso conoscenza. Ancora oggi, si ritiene che sia stato l’unica persona mai uccisa da una pallina durante un match di tennis.

Wertheim viveva a Lexington, Massachussetts (dove ancora oggi si gioca un torneo challenger), ed era un grande appassionato. Ogni domenica mattina partecipava alla Weekend Tennis League, un maxi-evento a squadre in cui si affrontavano varie città del Massachussetts. La tragedia ebbe anche uno strascico giudiziario: un anno dopo, la famiglia presentò una maxi-querela contro la United States Tennis Association, chiedendo un indennizzo di 2,25 milioni di dollari. Sostenevano che la USTA non avesse fornito le adeguate misure di sicurezza ai funzionari dello Us Open. La giuria ritenne la USTA colpevole al 25% della morte di Wertheim. Tuttavia, l’associazione fece appello e la sentenza fu totalmente ribaltata cinque anni dopo, nel 1989, poichè nessuno era riuscito a dimostrare la presunta “negligenza” della USTA. La partita non fu sospesa. Edberg vinse, e si aggiudicò anche la finale contro l’australiano Simon Youl. Ancora oggi, resta l’unico ad avere ottenuto il Junior Grand Slam. E’ stato un fenomeno anche da professionista, vincendo sei tornei del Grande Slam e trascorrendo 72 settimane al vertice del ranking ATP. Stefan è riuscito a farsi ricordare per i grandi successi, ma quel piccolo asterisco lo perseguiterà per sempre. “Oggi mi è passata, ma all’epoca fu durissima. Il momento peggiore fu il giorno seguente. Mi svegliai al mattino e fui costretto ad andare sul campo centrale per rispondere alle domande su cosa era successo. Avevo appena 17 anni e fu molto dura. Ero nominato soltanto per quello, fino a quando arrivò il momento in cui accettai che era stato soltanto un incidente”. Edberg ha sempre rispettato il ricordo di Wertheim, non tanto con le parole, ma con i fatti. E’ stato un esempio di correttezza, tanto da ricevere per cinque anni di fila il premio ATP riservato al giocatore più corretto. Dopo il suo ritiro, gliel'hanno addirittura intitolato. Ovunque si trovi, Dick Wertheim ne sarebbe orgoglioso. Viene il sospetto che abbia annunciato il ritiro con un anno d’anticipo, sentendosi ripetere sempre le stesse domande, per auto-punirsi. Come se sentisse, dentro di sè, una colpa da espiare. Una colpa che non aveva.

L’episodio è rapidamente finito nell’archivio delle leggende. Molti lo conoscono, pochi lo hanno approfondito. Grazie all’aiuto di Mauro Cappiello, gestore del miglior sito al mondo su Stefan Edberg (peraltro, lo scorso anno ebbe l'opportunità di incontrarlo), abbiamo rintracciato uno dei pochissimi articoli dedicati all’argomento. Apparve nel 1990 sulla rivista francese “Voici”, a firma di Clara Mallory. In realtà, era un pezzo in cui si parlava della timidezza e dell’atteggiamento sempre misurato di Stefan, legandolo in qualche modo (anche se velatamente) all’episodio del 1983, peraltro collocandolo a novembre anzichè a settembre. Insomma, un disastro. Nessuna notizia davvero importante, se non un paio di foto totalmente inedite e un curioso box in cui erano elencati diversi sport con la palla, nonchè le dimensioni della sfera e la velocità massima che può raggiungere. Ma quel dannato servizio non andava così forte. La tragedia si sarebbe consumata comunque: Wertheim perse l’equilibrio e battè la testa. Una tragica fatalità.