Le parole in conferenza stampa del numero uno al mondo rassicurano tutti sulla sua condizione fisica: per gli US Open sarà al massimo della condizione

“Fisicamente mi sento bene. A Cincinnati ho avuto un virus che hanno avuto anche altri giocatori. Mi sono ripreso quasi del tutto, non ancora al 100%, ma puntiamo ad arrivarci in un paio di giorni. Quindi dovrebbe andare tutto bene per il torneo“. Con queste parole che arrivano direttamente dalla conferenza stampa, Jannik Sinner rassicura tutti sul proprio stato di forma. Il ritiro nella finale del Masters 1000 di Cincinnati è legata esclusivamente a un virus che hanno contratto diversi giocatori, che dalle parole dell’altoatesino sembra essere già superato. Già i suoi allenatori Vagnozzi e Cahill si erano espressi in maniera positiva dopo averlo visto in campo nei primi allenamenti a Flushing Meadows, e ora arrivano anche l’ulteriore conferma da parte del numero uno al mondo.
A Sinner è stata poi posta la domanda sulla rivalità con Alcaraz, che a New York si arricchisce di un nuovo e importantissimo capitolo: se Jannik non farà meglio almeno di un turno, lo spagnolo tornerà numero uno alla fine del torneo. “Siamo due giocatori diversi. Lui è ovviamente molto veloce in campo. Con altri giocatori il punto a volte potrebbe finire, ma lui arriva su certe palle e quindi legge il gioco in modo diverso. Così ci sono scambi più lunghi. Ora ci conosciamo meglio. È un gioco molto tattico“. I due si sono già affrontati una volta a New York, nell’incredibile quarto di finale che vide Alcaraz trionfare al quinto set dopo cinque ore e venti e annullando un match point nel quarto set.
Infine un ultimo passaggio, che si differenzia dalle solite dichiarazioni e che racconta alcuni retroscena del passato di Jannik. L’altoatesino racconta di come tutto quello che sta vivendo è in realtà un extra, e che il suo primo e reale obiettivo era entrare nei primi cento. “Ai miei genitori dissi che se a 23 o 24 anni non fossi stato nei primi 200 avrei smesso, perché non potevamo permettercelo con i soldi che avevamo. Viaggiare per i tornei costa tanto. Se hai un coach, ancora di più. Sono stato molto fortunato perché già a 18 anni ho iniziato a guadagnare, e lì mi sono sentito più sicuro“.