Anastasia Pavlyuchenkova sconfigge la giocatrice di casa, Sonay Kartal, e torna a giocare i quarti di finale a Wimbledon dopo nove anni dall’ultima volta che ci era riuscita. Una vittoria importante che arriva dopo mesi difficili a seguito della malattia di Lyme

Grazie alla vittoria su Sonay Kartal, la giocatrice nata in un distretto periferico di Londra, Anastasia Pavlyuchenkova conquista il suo decimo quarto di finale slam della sua carriera. Wimbledon perde così la sua ultima giocatrice britannica ma al suo posto guadagna una campionessa che da nove anni non centrava questo risultato sull’erba londinese. Un risultato splendido per la russa, soprattutto se consideriamo che arriva da un periodo tutt’altro che semplice.
L’anno era cominciato sotto ottimi auspici: un altro quarto di finale Slam (il nono) agli Australian Open lasciava presagire una stagione promettente. Però, poco prima di Indian Wells, le è stata diagnosticata la malattia di Lyme, una patologia trasmessa dalle zecche che ha significativamente compromesso la sua condizione fisica. L’infezione, subdola e debilitante, le ha imposto un duro rallentamento. “È stato orribile“, ha detto Pavlyuchenkova in conferenza stampa dopo aver sconfitto Naomi Osaka per 3-6, 6-4, 6-4 al terzo turno di Wimbledon “Ero stanca, molto nevrotica e irritata. Avevo costantemente mal di testa, soprattutto alla tempia destra, che mi premeva continuamente. Avevo la mente annebbiata. Iniziavo ad allenarmi e a volte non riuscivo nemmeno a vedere chiaramente: ogni volta che il battito cardiaco aumentava, mi colpiva. Non avrei mai pensato che potesse essere una malattia così brutta.”
Il contagio potrebbe essere avvenuto probabilmente lo scorso anno, ma la malattia di Lyme ha un periodo di incubazione di diversi mesi e non ha permesso a Pavlyuchenkova di rendersene subito conto: “Il mio ragazzo l’aveva“, ha dichiarato la giocatrice russa, “Gli ho letteralmente tolto la zecca. Gli è rimasta quattro giorni sotto i peli del collo, pensavo fosse una macchia marrone o qualcosa del genere, perché è molto piccola. Poi sulla mano mi è venuta una macchia rossa, ma pensavo che potesse essere una zanzara.” Pavlyuchenkova ha cominciato a stare male durante la pre-stagione, tanta stanchezza e tanta fatica sono stati i primi segnali di allarme, ma, inizialmente, ha dato la colpa alla durezza degli allenamenti e alla sua età.
La tennista si è sottoposta a un ciclo di antibiotici di sei settimane, ma il recupero è stato più difficile del previsto. La voglia di giocare era troppo forte e questo l’ha spinta a voler rientrare in campo troppo presto: “Mi sentivo bene quindi andavo ad allenarmi, poi quasi svenivo”. Prima di Eastbourne, ha dovuto prendersi una settimana di pausa perché ha ricominciato a giocare troppo presto e il suo corpo non ha retto bene. La stanchezza è uno dei sintomi principali di questa malattia, ma è fondamentale averla scoperta e trattata perché se non curata può portare a conseguenze ben più gravi. La russa non è la prima tennista a dover fare i conti con questa malattia. Già nel 2014, Yanina Wickmayer aveva scoperto di averla contratta e ancora prima di lei anche Samantha Stosur, che al suo rientro aveva ottenuto i successi più alti della sua carriera.
Oggi, Pavlyuchenkova sembra aver finalmente trovato un equilibrio e il modo giusto per gestire il processo di recupero. Oltre al tennis, ha conquistato una nuova prospettiva sulla vita e sulla carriera: “Mi sembra quasi ieri che ero la più giovane del tour”, ha detto. “Davo tutto per scontato. Ogni partita che vincevo pensavo fosse solo un’altra partita vinta. Non apprezzavo nulla perché arrivava troppo facilmente”. Ora ha iniziato ad apprezzare ogni partita e ogni momento: “Qualche mese fa non riuscivo nemmeno ad allenarmi. Poi pensi: forse non rivivrai mai più questo momento. Non so nemmeno quanto mi resta da fare nella carriera perché ormai sono molto vecchio. È qualcosa che voglio vivere al massimo, così da non avere rimpianti in seguito”.
Durante l’intervista in campo, subito dopo la vittoria su Kartal, la russa ha confidato di essere sorpresa, avendo sempre pensato di non essere brava sull’erba, ma quest’anno i numeri dicono tutt’altro, indicando sette vittorie a fronte di una sola sconfitta sulla superficie verde. Lo stesso stupore lo avevamo già notato l’altro giorno quando, dopo la vittoria su Osaka, si è presentata in conferenza stampa con una maglia oversize dei Metallica e le unghie a tema fragola. Non si capacita neanche lei di quanto stia giocando bene e non importa se ha appena compiuto 34 anni ed è attualmente numero 50 del mondo, Pavlyuchenkova si è procurata un’occasione per poter raggiungere la semifinale di Wimbledon per la prima volta nella sua carriera. “Forever trusting who we are and nothing else matters…”, immaginando questa canzone in sottofondo e con la consapevolezza di aver imparato a domare la malattia di Lyme, chissà se la giocatrice russa non sappia regalarsi un nuovo sogno.

