
La crisi di Amburgo non è solamente una questione di soldi: dopo aver scoperto che con una finale nel loro torneo Rafael Nadal sarebbe potuto tornare numero 1 del mondo, gli organizzatori hanno messo sul piatto 500.000 euro (un terzo del montepremi totale del torneo) per portare il maiorchino in Germania, ma hanno ricevuto un prevedibile no, dalle ragioni principalmente logistiche. Il torneo diretto da Michael Stich – unico tedesco campione nell’Era Open, nel 1993 – si trova in una delle settimane peggiori del calendario, esattamente a metà fra Wimbledon e il via dei grandi tornei negli Stati Uniti. La situazione peggiore per convincere i big a giocare sulla terra battuta per un unico torneo. Nel 2015 li salvò proprio Nadal, subito eliminato a Wimbledon e giunto volentieri in Germania per raccogliere punti e fiducia, mentre nelle ultime due stagioni la situazione è stata terribile. Nemmeno “Sascha” Zverev, che ad Amburgo ci è nato, ha scelto di giocare in casa, preferendo andare a Washington con qualche giorno d’anticipo per iniziare ad allenarsi sul cemento con Juan Carlos Ferrero, e il fatto che il livello fosse più alto a Gstaad (con in palio la metà dei punti e un terzo dei soldi) la dice lunga sull’allergia dei giocatori al torneo tedesco. Gli spettatori di quest’anno, più di 60.000, sono stati superiori al totale di dodici mesi fa, ma è una magra consolazione.

Nel bilancio post torneo, il direttore Michael Stich ha cercato di girare intorno al problema, provando a far passare il messaggio che la tradizione del torneo debba essere più forte dei nomi presenti nell’entry list: un concetto che può funzionare per gli Slam, ma difficilmente rende in tutte le altre manifestazioni. Secondo Stich, che nella domenica delle qualificazioni ha giocato un’esibizione con Tommy Haas, la qualità del torneo è stata alta, ma è il primo a non essere felice della situazione. Senza grandi nomi è difficile far contenti gli spettatori, e ancora di più stringere legami importanti e duraturi con gli sponsor. Il prossimo anno il torneo rimarrà sicuramente al Tennisstadion Am Rothenbaum, uno dei pochi impianti del mondo del tennis dotati di tetto retrattile, ma non è da escludere che in futuro si possa valutare un cambio di sede, come è indubbio che vada presto cercata (e trovata) una soluzione, per evitare di gettare al vento una storia ultracentenaria. L’intenzione della Federazione tedesca, che nei prossimi mesi si riunirà con gli organizzatori per valutare la strada da prendere per il futuro del torneo (magari il passaggio al cemento?), è quella di conquistare una sedia al tavolo dell’ATP che studierà la riforma del calendario per il 2019, per ottenere almeno una settimana migliore, o valutare altrimenti il possibile cambio di superficie. Anche se la battaglia legale di una decina d’anni fa, quando dalla Germania intentarono (e persero) una causa contro l’ATP, rea secondo loro di aver violato le norme antitrust nell’operazione che tolse ad Amburgo lo status di Masters 1000, difficilmente giocherà a loro favore.