Continua la carriera da record di Ruben Ramirez Hidalgo, leggenda del circuito Challenger. A gennaio spegnerà 38 candeline, ma non ne vuole sapere di dire basta. Pochi giorni fa ha battuto Stefanos Tsitsipas, di 20 anni più giovane: “Ne ho ancora per 3-4 stagioni”.Chissà cosa avrà pensato Ruben Ramirez Hidalgo la scorsa settimana, durante il riscaldamento del suo match di secondo turno al Challenger marocchino di Mohammedia. Dall’altra parte della rete, ad alzargli pallonetti per provare gli smash, ha trovato la grande speranza greca Stefanos Tsitsipas, classe 1998, vent’anni (!) meno di lui. Una differenza d’età che non fa più notizia fra le donne, vista la presenza dell’eterna Kimiko Date, ma che nel circuito ATP non è così frequente. Secondo gli esperti di statistiche non succedeva da parecchio, poi è capitato d’estate ad Aptos col match fra Andrey Rublev e Tommy Haas, 20 anni, 6 mesi e 17 giorni di differenza. Ma loro hanno fatto ancora meglio: 20 anni 7 mesi e 6 giorni. Un'eternità. Significa che quando il veterano spagnolo ha vinto il suo primo Futures (guarda caso proprio in Marocco), al rivale stavano spuntando i primi dentini. Diciassette anni più tardi Ramirez Hidalgo è uno dei miti del circuito, che match dopo match aggiorna il record assoluto di incontri vinti a livello ATP Challenger: 378. Una cavalcata partita dall’Italia, nel 2000, col primo match a Bressanone perso contro il francese Perlant (“quel giorno non avrei messo una palla dentro nemmeno in un campo da calcio”), e la prima vittoria la settimana successiva a Manerbio, contro Massimo Dell’Acqua. Non se lo sarebbe immaginato nemmeno lui di collezionarne altre trecentosettantasette, sparse in ogni angolo del globo ma quasi tutte sull'amata terra battuta, con undici titoli in ventidue finali. Per capire come sia stato possibile sarebbe bastato vederlo contro Tsitsipas, a sputare sangue sul Campo 4 di un club marocchino, senza streaming e davanti sì e no a una trentina di spettatori, in un confronto generazionale dal valore molto di più alto dei quarti di finale in palio. Aveva il compito di dimostrare che la vecchia guardia può ancora essere vincente, e ce l’ha fatta a modo suo, da guerriero, 3-6 7-6 7-6 dopo 3 ore e 11 di pugna, con un match-point salvato sia nel secondo sia nel terzo set, utili ad accrescere la libidine.
IL MISTERO DELLA MANICA ARROTOLATA
Ma chi è Ruben Ramirez Hidalgo? “Un umile lavoratore”, come si definisce lui stesso, che ha giocato la prima partita da ‘pro’ nel 1993, quando fra i top ten c’era ancora Ivan Lendl, e nell'era dei vari Kyrgios, Zverev e Coric è ancora in pista a sgomitare, dopo essersi più volte travestito da grandissimo. Nel 2006 ottavi a Roma battendo Coria e Safin, ottavi a Parigi battendo David Ferrer, e un posto fra i top 50. Nel 2008 a Monte Carlo il match della vita contro sua maestà Roger Federer, perso 7-6 al terzo nonostante un vantaggio di 5-1. “Quell’incontro me l’hanno ricordato in ogni parte del mondo, ma il tennis è così. Non si può vincere sempre”. Ora lo fa meno spesso di un tempo, ma il suo 2015 è stato comunque positivo. Oltre a un titolo Futures, ha raggiunto due semifinali e cinque quarti a livello Challenger, l’ultima proprio in Marocco, dove all’esordio si è preso pure il lusso di battere un top 100 come il bosniaco Damir Dzumhur, classe 1992. Un altro bambino in confronto a lui, più vecchio di Ivo Karlovic, più vecchio di Tommy Haas, più vecchio di Radek Stepanek, e chi più ne ha più ne metta. E mentre gli altri combattono ogni giorno con infortuni e acciacchi vari, Ruben da Alicante lotta come un ventenne, tre metri dietro la linea di fondo, coi suoi cariconi di diritto e quella manica destra arrotolata fino alla spalla, divenuta il suo marchio di fabbrica. Motivo tecnico? Tutt’altro. Risale addirittura a oltre quindici anni fa, ai tempi del suo primo contratto di sponsorizzazione. “Per un errore di comunicazione, mi arrivò solo materiale taglia XL, ma era la prima volta che ricevevo gratuitamente qualcosa per giocare, non me la sentii di chiederne la sostituzione. Così decisi di usare comunque quei completi, e arrotolare la manica era l’unica soluzione per evitare che mi desse fastidio. Poi mi è rimasto il vizio, ogni giocatore ha le sue manie”.
“VADO AVANTI FINCHÈ MI DIVERTO”
Nonostante da qualche anno si sia già costruito il futuro, aprendo ad Alicante un’accademia da oltre 300 ragazzi insieme all’ex ‘pro’ Santiago Ventura, Ramirez Hidalgo vuole continuare a vivere nel presente. Anche se gli costa qualche bugia alla moglie Cristina (conosciuta viaggiando) e alle figlie Martina e Valeria, di sette e cinque anni. “Mi aiutano a dimenticare alla svelta le sconfitte, anche se lasciarle a casa quando parto per i tornei non è per niente facile. All’inizio di ogni stagione gli dico che sarà l’ultima, succede da almeno tre anni. Ma mia moglie sa benissimo come stanno le cose. Mi capisce, mi ha sempre appoggiato, sa che non potrò giocare in eterno”. Tuttavia, anche se le motivazioni non sono più le stesse di quando aveva 25 anni e lottava per vivere di tennis, oggi che ce l’ha fatta è ancora pronto a lasciare l’anima ogni volta che scende in campo. “Il tennis mi ha dato più di quanto avrei immaginato. Ho la fortuna di amare questo sport, che mi ha dato la possibilità di girare il mondo, incontrare persone e giocare tutti i tornei che si vedono in televisione. Un sogno che è diventato realtà attraverso il duro lavoro e l’entusiasmo. Per fare i tennisti bisogna essere disposti a imparare ogni giorno. Il segreto è il cuore, la passione”. Sa di non avere davanti molto, perché se si guarda intorno si accorge di essere il più vecchio rimasto in circolazione. Mai nessuno è andato troppo oltre, ma la cosa non lo preoccupa. “Penso di poter giocare per altri 3-4 anni. Nonostante l’età, non sono ancora stanco di fare questa vita, voglio continuare a divertirmi in campo, a godere di ciò che faccio. Quando non sarà più così, vorra dire che sarà giunta l’ora di dire basta”. E allora sì che il circuito Challenger perderà la sua leggenda. Per il momento, invece, gli amanti dei tornei minori possono stare tranquilli: Ruben vuole continuare a combattere.
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