Quattro i precedenti, tra Dimitrov e Sinner: 3 a favore di Jannik ma l’unico sulla terra è del bulgaro. Numeri a parte, il quarto di oggi al Roland Garros promette fuochi d’artificio

foto Ray Giubilo

Per arrivare nei quarti a Parigi, Giorgor Dimitrov ha dovuto metterci il sangue. Letteralmente. «Il mio grip era tutto rosso», ha raccontato dopo aver sconfitto Huber Hurkacz, mostrando la mano ancora bendata. Una volée in tuffo – alla Panatta, quando salvava matchpoint a carrettate fra Roma e Parigi nel ’76 – il Lenglen che  impazzisce, Grigor che solo dopo si accorge di essersi ferito. Ma non ci fa troppo caso.

Era l’unico ‘last eight’ che gli mancava. «Non ero mai riuscito a fare un passo in più», spiega Griga, l’Uomo più amato del circuito. «Dopo quindici anni, ce l’ho fatta, e sono molto contento». Il 2024 può diventare il suo anno, come lo era stato il 2017, con la vittoria alle Atp Finals e il terzo posto in classifica Atp. Vittoria a Brisbane, finali a Marsiglia e Miami – contro Sinner. 

Dimitrov che sa giocare tutti i colpi, usare tutti gli effetti. Che sa battere, scendere, sorprendere. Che proprio perché vive di orizzonti larghi sa guardare anche le righe del campo: «Il tennis è il nostro sport, ma la vita vera comincia dopo». Griga il playboy, che ama le macchine veloci e a cui nessuno sa resistere, senza divisioni di gender. Un flirt con Maria Sharapova, una love story con la Pussy Doll Nicole Sherzinger, un’amicizia vera con Serena Williams: «lei c’era quando ho battuto per la prima volta un top 10, siamo legatissimi da sempre». A Miami, infatti, la Pantera lo guardava con le stelline negli occhi. 

«Se fossi una donna mi innamorerei di Grigor Dimitrov – ha postato qualche tempo fa Andrey Rublev – Ma forse ne sono innamorato un po’ anche da uomo». Perché la simpatia di Grigor, bulgaro di Haskovo, figlio di un maestro di tennis e di una pallavolista, fisico perfetto, sorriso da attore – è come il suo tennis: a tutto campo. 

A Miami, nei quarti, ha smontato Alcaraz come una libreria dell’Ikea («mi sono sentito impotente come un ragazzino di 13 anni»), in semifinale ha usato un altro match colossale per interrompere una serie di sette sconfitte filate con Sascha Zverev. Poi si è incappato in Jannik, il suo avversario di oggi, contro cui ha perso tre volte su quattro, tutte fra 2023 e 2024, ma ha vinto l’unica giocata sulla terra, nel 2020 a Roma. 

 «Jannik è il migliore, gioca un tennis fantastico. Sfidarlo mi piace, perché ha dimostrato di essere forte. Ma lo sono anch’io».

Del resto è merito suo, oltre che di Tsitsipas, se il rovescio a una mano è tornato in top 10, il giardino dove Griga non metteva piede dal 2018. 

Di rovesci ne possiede almeno tre: piatto, coperto, tagliato. «Giocare di tocco con  slice, essere più aggressivo col serve&volley, entrare dentro al campo: tutte cose da fare, ma al momento giusto». Da cucciolo è stato campione under 18 a Wimbledon e agli Us Open, da grande ha raggiunto le semifinali in tre Slam, la prima a Wimbledon nel 2014, battuto solo da Djokovic. Quando nel 2017 si è preso il Masters e il numero 3 del ranking sembrava fatta, invece niente. Un malanno cronico alla spalla, mille distrazioni, qualche coach sbagliato. La sensazione di aver perso tutti i treni. La rinascita è figlia di un esame di coscienza, di un fisico ancora atletico a 32 anni, e dei consigli di Jamie Delgado, l’allenatore che lo ha strappato da abitudini (tecniche) sbagliate ricostruendolo come attaccante. «Negli ultimi 8-12 mesi ho deciso di concentrarmi sul tennis, e ho cambiato marcia. Ma il lavoro non è ancora finito. Credo di poter alzare ancora un po’ il mio livello, questo significa cercare di essere ancora un po‘ più aggressivo in campo, andare a caccia di tiri, giocare un po’ più con convinzione, rimanere concentrato, continuare a lavorare. Ci sono tante piccole cose che credo di fare già molto, molto bene, e sono molto orgoglioso di dove sono ora, considerando dove ero un anno fa». Guardarlo giocare, fuori o dentro la top 10, vale sempre il prezzo del biglietto.