
Dopo il match-point, reso vincente dall’out dell’hawk-eye su una palla non chiamata dal giudice di linea, la Muguruza è scoppiata in lacrime, ma la scena più tenera l’ha regalata Venus nel corso della premiazione. Le hanno chiesto di mandare un messaggio a Serena, a casa col pancione, e non si è tirata indietro. “Ho dato il massimo per provare a fare come fai tu – ha detto – ma non ci sono riuscita. Spero di avere presto altre chance”. A 37 anni sembrerebbe improbabile, invece non lo è affatto: è arrivata in finale in due dei primi tre tornei stagionali del Grande Slam, non pensa al ritiro e in una recente intervista si è lasciata scappare le parole “Tokyo 2020”, quindi c’è la concreta possibilità di vederla in campo fino a 40 anni. Specie se la sorella non dovesse tornare più dopo la maternità, sarebbe una bella favola di longevità, che la sconfitta in finale toglie dalle prime pagine dei giornali, ma lascia comunque intatta. Tuttavia, oggi è il giorno della Muguruza, che in tutto il torneo ha lasciato un solo set alla (ex) numero uno del mondo Angelique Kerber. Chi l’aveva osservata negli allenamenti alla vigilia del torneo aveva capito al volo che la sua palla era diversa rispetto a quella di tutte le altre, e fin dal primo turno ha giocato a un livello fuori portata per chiunque. Basta un dato: fra quarti, semifinali e finale (e anche in due delle quattro partite precedenti) non ha mai perso il servizio, a testimonianza non solo di un colpo diventato via via sempre più incisivo, ma anche di una tenuta mentale impeccabile. Ha giocato su una nuvola, sopra tutti i pericoli che si è trovata davanti, e ne è venuto fuori un dominio degno di Serena Williams, l’unica più completa di lei.

Sul Centre Court è come se il tempo fosse tornato indietro di ventitré anni, fino al 1994, quando a vincere il titolo fu Conchita Martinez, negando alla 37enne Martina Navratilova il record di più anziana campionessa del torneo da Charlotte Cooper Sterry, nel 1908. Stavolta, invece, è toccato alla 37enne Venus fallire l’assalto per colpa di una spagnola (la seconda di sempre a conquistare i Championships), con la Navratilova sugli spalti e la Martinez nel box della Muguruza come allenatrice al posto del coach Sam Sumyk, costretto a rimanere a casa per problemi personali. Hanno chiesto a Garbine di mandargli un messaggio, e lei ha mostrato alla telecamera il Venus Rosewater Dish, ancora incredula per averlo conquistato sul serio, diventando l’unica capace di battere entrambe le sorelle Williams in finale nei tornei del Grande Slam. Lo scorso anno al Roland Garros era toccato a Serena, mentre stavolta è stato il turno di Venus. L’importante è che ora Garbine non faccia la fine del 2016, quando il trionfo parigino la svuotò di energie mentali, facendole perdere una bussola che di fatto ha ritrovato solamente ora. Ha fatto una fatica terribile a prendere confidenza con lo status di campionessa Slam e tutte le aspettative (e gli impegni) che ne derivano, arrivando addirittura a definire la vittoria parigina il momento migliore e peggiore del suo 2016. Ci ha messo più di un anno a rialzarsi, ma finalmente ce l’ha fatta. E difficilmente cadrà un’altra volta.
WIMBLEDON DONNE – Finale
Garbine Muguruza (ESP) b. Venus Williams (USA) 7-5 6-0
