La Schiavone gioca una partita tutto cuore contro la Radwanska, ma si arrende alla distanza. "Sento di avere una Ferrari che va a 350 km/h. Penso di poterli ancora raggiungere".

Da Roma, Riccardo Bisti – 15 maggio 2014

 
Gli italiani onorano i loro eroi. Francesca Schiavone è un’eroina del nostro tennis, l’unica donna italiana a vincere un torneo del Grande Slam. La gente lo sa, e ha trasformato lo Stadio Pietrangeli in un catino ribollente di passione, quanto di più simile al clima degli anni 70, quando il Campo delle Statue trascinava i nostri moschettieri. Francesca si esalta in un clima del genere. La sera prima, Flavia Pennetta aveva paragonato i tennisti ai gladiatori nell’arena. La Schiavone si addice perfettamente alla descrizione, e le ha provate tutte per venire a capo di Agnieszka Radwanska. Onestamente, non poteva fare di più. Per quanto la classe sia immutata, e le ultime partite abbiano spazzato via un po’ di polvere, la missione era troppo complicata. Dopo aver vinto i primi quattro scontri diretti, la Schiavone si era arresa per cinque volte alla polacca, anche piuttosto nettamente. Il punteggio è stato piuttosto severo (6-4 6-1), ma Francesca è uscita dal campo tra gli applausi. La gente ama il suo cuore, la sua grinta, la voglia di cercare la simbiosi con il pubblico. E quel modo di esultare così genuino, quasi bambinesco. E che vale di più se lo fa chi ha vinto uno Slam e sta per superare il muro dei 10 milioni di dollari guadagnati in carriera. Nel primo set ha tenuto fino al 2-2, poi la Radwanska le ha scippato il servizio. Francesca giocava bene, variava il gioco con una dedizione quasi commovente. Non è facile far fruttare il suo tennis contro la Radwanska, talentuosa e amante del tennis-pittino. “Aga” va sfondata, non circuita. Ma Francesca non ha le armi per sfondare. In realtà non le ha mai avute. Eppure, nello stesso scambio ci è capitato di vedere rovesci in slice, dritti carichi di topspin, angoli acuti, palle centrali, palle corte…risultato? Tanti punti da inserire nella raccolta degli highlights, ma poca solidità.

UNA VOLEE, MILLE RIMPIANTI
Quando La Radwanska ha messo in corridoio una facile volèe che ha riportato in scia la Schiavone (4-5 ma servizio a disposizione), la gente ha sperato nel miracolo. In fondo, il tennis su terra rossa evoca immagini da Far West. La racchetta come una pistola, la pallina come un proiettile, il tennista come un pistolero. E la Schiavone, a modo suo, ha un po’ l’andatura da eroina del Far West. Purtroppo le suggestioni sono state cancellate dalla realtà: un brutto game di battuta regalava il primo set alla polacca (n. 3 WTA: la Schiavone non batte una top-5 dal 2011, quando superò la Stosur in Fed Cup). Il sogno durava ancora pochi minuti. Pur sotto 2-0, Francesca continuava a lottare come una…leonessa. Il terzo game, con la Radwanska al servizio, era una battaglia furibonda, in cui si è visto di tutto. L’azzurra cancellava diverse palle game e poi si procurava tre palle break. Una le girava male: dopo un corpo a corpo a rete, la sua volèe alta finiva fuori di un soffio. Le speranze morivano lì, anche se Francesca ci provava fino all’ultimo, artigliando un game sul 5-0 dopo aver rimontato da 0-40. Usciva tra gli applausi perché la gente ha capito che non poteva dare di più, non oggi, non contro questa avversaria. Adesso c’è il Roland Garros e bisogna difendere gli ottavi conquistati l’anno scorso. Con questo spirito si può fare. 
 
BICCHIERE MEZZO PIENO
Si può fare, a maggior ragione con questo spirito. In sala stampa si è presentata una Schiavone serena e quasi sorridente. “Partita molto difficile. La Radwanska si appoggia bene al gioco altrui, ed essendo io una contrattaccante, capita di compensarci. Devo migliorare la consistenza nello spingere la palla e variare sempre di più, anche perché il fisico me lo consente. Comunque il bicchiere è mezzo pieno: lascio Roma con un po’ d’aria, rappresentata da due vittorie. Magari per voi è normale, ma quest’anno non mi era capitato tanto spesso”. Nonostante abbia quasi 34 anni, la milanese sente di avere il fisico in piena efficienza. “Non ho problemi di rendimento e nemmeno di recupero. E’ come avere una Ferrari che va a 350 km/h ma ancora non ci riesce. Ho il potenziale per riuscirci. E voglio farlo. Se il fisico non va al 100%, poi, non dipende solo da quello, ci sono altri fattori che contano”.