“Fearsome”: temibile, spaventoso, tremendo. Sì, perché “ogni angelo è tremendo” (Rilke). E Roger in bianco lì era bello e potente come un angelo, sfacciato nella manifestazione di una bellezza impudica: classe, velocità, potenza, assenza di sforzo. Incaricato, come gli angeli biblici, cioè i messaggeri, di portarci una buona e bella notizia di gioia piena e quasi condivisa. Quasi, perché il suo regno era pressoché incontrastato, a fronte di due teneri virgulti come Rafa e Nole.
Ora però sono passati 15 anni, per lui come per ciascuno di noi. Tante cose sono cambiate. Esercizio utile: proviamo a riandare con la memoria alla nostra estate 2006… Roger stesso ha detto, dopo la sconfitta contro il giovinotto canadese Auger-Aliassime: “Ho iniziato a pensare negativo: non è da me. Ora devo guardare avanti e non prendere decisioni stupide”. Ci si avvia verso la fine, facendo discernimento, perché il tempo stringe. Lo fa lui, dobbiamo farlo pure noi. Leggo in molti commenti stupore, quasi sgomento, o frasi come: “Il suo prossimo obiettivo rimane comunque Wimbledon”. Constatazione di cronaca o pia illusione?
Basta, facciamo i conti con il suo congedo dai campi da tennis, non così lontano. Lo scrivo e mi prende il magone. Ma poi, pur a fatica, è ora di far prevalere il realismo. Come? Mentre Roger si allena, anche noi alleniamoci a prendere quel che verrà, infinitamente grati per quanto è stato. Infinitamente. “Vive in dies et et horas: nam proprium est nihil”: non so più dove ho letto questa frase. Parole auree nella loro semplicità: “Vivi alla giornata, anzi all’ora, perché nulla ci appartiene davvero”. Se poi, contro ogni logica, l’11 luglio saremo smentiti, davanti agli spalti per l’occasione pieni del Centre Court, tanto meglio. Sarà una fine gloriosa, cioè un nuovo inizio.