Svolgere il ruolo di coach nel mondo del tennis non è semplice, ancor meno se alleni il numero uno al mondo e 24 volte vincitore Slam. Goran Ivanisevic racconta le difficoltà nell’essere coach di Novak Djokovic, tra retroscena esclusivi e la normale quotidianità

Il ruolo del coach nel mondo del tennis non è mai semplice. Sei stipendiato dal tuo giocatore, in un precario equilibrio tra il cercare di far migliorare il tuo allievo senza però tirare mai troppo la corda. Una difficoltà che è almeno doppia se ti trovi ad allenare il numero uno al mondo e 24 volte vincitore Slam Novak Djokovic. Recentemente infatti Goran Ivanisevic – coach del serbo a partire dal 2019 – si è raccontato ai microfoni di “We Are Tennis” e ha parlato delle difficoltà che incontra quotidianamente, alla ricerca continua di migliorare un giocatore che è ancora probabilmente il migliore del circuito.

Non è semplice, non è semplice. Questa è la vita. Lui è il numero 1 ma vuole sempre di più. Lui vuole sempre migliorare qualcosa. Come ogni essere umano, ha qualche conflitto con sé stesso. Penso abbia preso la buona decisione di mantenere la calma. Lo so, non è semplice. Ha vinto tutto, ha concluso al primo posto. Ma trova sempre la motivazione“. Motivazione per l’appunto, quella fame di vittoria che a 36 anni continua a pervaderlo, la voglia di infrangere ogni record e il rifiuto a ogni costo della sconfitta. Ivanisevic definisce “tortuoso” l’ambiente quando Djokovic perde un incontro – un occasione avvenuta solo sette volte in questa stagione – momenti nel quale si fa anche fatica a parlare con il serbo. “Ci ha incatenato con le manette per tre giornidisse lo scorso anno dopo la vittoria a Parigi – non è un ragazzo facile, mettiamola così. Soprattutto quando qualcosa non va per il verso giusto”.

Sempre Ivanisevic racconta i difficili giorni passati nella settimana di Torino, soprattutto dopo il match contro Rune e con il destino di Djokovic nelle mani di Jannik Sinner. “Martedì sera ha concluso tardi. Mercoledì non lo abbiamo visto affatto e fino a giovedì non sapevamo cosa stesse succedendo. Eravamo nella stanza, non sapevamo se saremmo andati a casa, se saremmo andati al riscaldamento contro Hurkacz. Eravamo seduti. Finalmente scopriamo che giocherà”.

Un rapporto che però va ben oltre il semplice rapporto allenatore-giocatore, un rapporto di fiducia e di conoscenza dei rispettivi limiti. Djokovic pretende sempre tanto dal suo team, quando è in campo chiede un supporto continuo e pretende il massimo impegno da tutti. Ma il serbo sa riconoscere anche i meriti della sua squadra, consapevole di come a 36 anni sia indispensabile una cura maniacale di ogni singolo aspetto. Djokovic ha affermato di voler puntare al Golden Slam nella prossima stagione, e Ivanisevic sembra non avere dubbi sui rapporti di forza nel circuito. “Quando il vero Novak Djokovic entra nel campo, quello è il momento che nessuno può giocare con lui”.