Quanto basta, insomma, a rendere indimenticabile quell’edizione del prestigioso torneo. «Ero in paradiso e sentivo la mia vita a un bivio». Sulle stesse tribune, Mario Berardinelli e Orlando Sirola, direttore tecnico e capitano di Davis, di quei due match epici non avevano perso un colpo.
«Non dico la celebrità, ma quantomeno pensavo di essermi guadagnato la convocazione per Jugoslavia Italia di Coppa Davis in programma di lì a poco. Invece nisba: rimasi inspiegabilmente al palo! Eppure i risultati c’erano e anche gli scontri diretti con gli altri italiani dicevano che in certi momenti ero io il più in forma”. Morale della favola Franchitti rimase a casa. «Erano altri tempi, e l’episodio mi impedì di approcciare l’attività internazionale per ambire a confronti più importanti e maturare come giocatore”. Una ferita ancora aperta, che a tutt’oggi non smette di bruciare». A poco servirono, molti anni dopo, le scuse di Sirola per quell’errore grossolano, avvenute in una serata conviviale consumata a Reggio Emilia».
«E non fu un caso…», prosegue, «…giacché anche nel ’73 fui tenuto ingiustamente fuori contro la Spagna e qualche anno dopo ancora contro l’Olanda. Addirittura non fui chiamato neanche per Italia Australia dopo che avevo vinto il circuito professionistico Lotto Spalding. Insomma ero un escluso in perenne attesa di una convocazione meritata sul campo e ignorata per ragioni astruse». Dietro i lineamenti da duro, Vincenzo nasconde un’anima sincera e talora non le manda a dire. Stando così le cose disdegna l’ipocrisia e racconta che non amava farsi bello agli occhi di Belardinelli. «Il signor Mario» , racconta, «era uomo di forte personalità e non amava essere contraddetto. Avemmo un rapporto molto schietto, ma pur apprezzandomi come giocatore ,mi tenne fuori dalle convocazioni».