Tutta la soddisfazione in conferenza stampa della marchigiana, che ha eliminato al primo turno la testa di serie numero 3 del tabellone femminile di Wimbledon, Jessica Pegula 

Foto Ray Giubilo

Non è mica da tutti avere una tutor come Sofia Goggia. Ancora meno facile che proprio le parole giuste ascoltate il giorno prima da una campionessa così grande, ti forniscano la chiave non solo per vincere un match, ma anche per aprire un orizzonte nuovo. «Le ho parlato ieri e mi ha dato un sacco di consigli che mi porterò per tutta la vita», spiega Elisabetta Cocciaretto, raggiante e luminosa – il sorriso più bello del Tour insieme a quello di Jasmine Paolini –  come sempre dopo il colpaccio contro Jessica Pegula. «In realtà l’avevo cercata a Roma, ma mi avevano detto che sarebbe arrivata per la finale, quindi per me era dura… Alla fine attraverso Armani sono riuscita a contattarla e ieri è stata lei a chiamarmi : ‘Eli, se vuoi adesso sono libera’. Una cosa bellissima, e se prima ero una sua tifosa, adesso lo sono tre volte di più perché non è facile che una campionessa ti dedichi un ora del suo tempo».

Per spiegare un metodo, un punto di vista, un approccio allo sport. «Mi ha detto che lei gli avversari li guarda, certo, per capire che cosa fanno meglio, ma è soprattutto concentrata su se stessa. Ecco, io in passato badavo troppo a quello che c’era attorno a me, invece oggi sono andata in campo senza pensare che dall’altra parte c’era la numero tre del mondo. Ci fosse stata la Sabalenka o una qualificata, mi sarei comportata nello stesso modo. Sì, credo proprio di aver fatto un clic oggi…». Sul campo contro l’americana c’è stata poca storia, e proprio il lato mentale è stato fondamentale. «Ho pensato ai match con Iga, Aryna, Coco e mi sono detta che dovevo fare esattamente il contrario di quello che avevo sbagliato con loro. E sono molto orgogliosa di esserci riuscita in questo torneo che amo tantissimo, e contro una avversaria che per me è un modello: sempre equilibrata, sia come persona sia come giocatrice, e lo ha dimostrato anche oggi facendomi i complimenti e ammettendo che ero stata più forte. Un giorno vorrei arrivare ad essere come lei».

L’amore per l’erba ha…radici lontane, che affondano a Tirrenia. «Mi è sempre piaciuta, anche se ci avrò giocato in tutto 5 o 6 tornei. Poi quando avevo 17 anni, mi allenavo insieme a Musetti e Tortora prima di giocare Roehampton e Wimbledon junior e Giancarlo Palumbo aveva insistito per ricavare un campo in erba vicino a quello del baseball. Ogni giorno rompeva le scatole ai manutentori perché lo curassero bene, e proprio guardando la passione, l’impegno di Giancarlo mi è venuta tanta voglia di giocare sull’erba. Poi anche Fausto (Scolari, ndr) il mio coach ama tanto Wimbledon, ha sempre sognato di vedermi fare bene così. Mi fa fare tante volée, e rispetto a quando ero piccola ora sto più vicina al campo, per quello mi trovo meglio». Altra componente del cocktail: la voglia di rivincita. «L’anno scorso avevo dovuto saltare Wimbledon. Mi ero ammalata a Birmingham prima di giocare i quarti, avevo dovuto ritirarmi e poi avevo viaggiato a Bad Homburg con 40 di febbre. Lì ho scoperto che era polmonite, sono finita in ospedale e poi sono rimasta sei giorni a letto imbottita di antibiotici, e poi ero andata direttamente alle Olimpiadi, con il rimpianto di non aver potuto continuare sull’erba dove mi sentivo bene. Così ora sono contentissima di essere qui, ma non voglio focalizzarmi su questa vittoria, che è importante, certo: ma domani c’è un’altra partita, la stagione è lunga e io sono ancora lontana da dove voglio arrivare, da dove credo di poter arrivare».

Sperando di aver chiuso il capitolo infortuni e malanni. «Anche in Cina due anni fa ero stata ricoverata in Ospedale per un brutto virus, e lì sia io sia Fausto ci eravamo preoccupati. Ho dovuto stare fuori due mesi per rimettere a posto il mio organismo». Forse, azzardiamo, più che gli studi in Legge che peraltro procedono bene, avrebbe dovuto scegliere un’altra facoltà: «E’ vero, ma da piccola volevo fare proprio Medicina!». Al prossimo turno le tocca un’altra yankee, Katie Volynets, n. 99 Wta. Un’avversaria alla sua portata, e qui a Wimbledon c’è anche l’esempio di Jasmine Paolini che ravviva il fuoco. «A Jasmine ho sempre guardato per la capacità che ha di andare diritta per la sua strada, senza curarsi degli altri. Lei ha avuto la fortuna di lavorare per otto anni con Renzo Furlan, un grande tecnico, che fra l’altro è amico di Fausto, si parlano spesso. Ma ciascuno ha la sua storia, siamo tutti diversi, con storie diverse. La cosa bella semmai è ritrovarmi qui con tanti altri italiani che conosco da sempre, con Musetti, Cobolli, Arnaldi con cui magari giocavamo insieme i tornei under 10 e ora sono arrivati al vertice del tennis». La felicità, si sa, vale di più quando è condivisa.