A oltre un anno di distanza dai fatti accaduti a Indian Wells parla Umberto Ferrara, che alla Gazzetta dello Sport racconta la sua verità sul caso Clostebol

Umberto Ferrara rompe il silenzio, e a più di un anno dai fatti di Indian Wells che hanno portato alla positività di Jannik Sinner al Clostebol racconta pubblicamente la sua versione dei fatti. Un silenzio dovuto – spiega l’ex preparatore atletico di Sinner – affinché tutti gli organi competenti si pronunciassero sull’accaduto. Ferrara affida il suo racconto a un’intervista realizzata per La Gazzetta dello Sport, all’interno della quale spiega quelli che sono stati i punti più delicati e controversi dell’intera vicenda. “Utilizzo il Trofodermin – il farmaco contenente il Clostebol – ormai da anni, in quanto prescritto dal medico specialista come supporto per una patologia cronica. Ero perfettamente consapevole del divieto, motivo per cui l’ho sempre custodito con la massima cautela all’interno del mio beauty personale. L’ho portato negli Stati Uniti perché poteva servirmi, per averlo a disposizione considerando che eravamo all’estero”.
Altro passaggio fondamentale quello legato a come Giacomo Naldi, all’epoca fisioterapista di Sinner, ha iniziato ad usare il medesimo farmaco. “A Naldi non ho consegnato nulla, gliene ho suggerito l’utilizzo perché aveva un taglio sul dito che non cicatrizzava, e questo rendeva difficile il suo lavoro. Comunicai in maniera molto chiara a Naldi la natura del prodotto, e la necessità che per nessun motivo dovesse entrare in contatto con Jannik. Naldi non ha negato di essere stato informato, ma ha detto di non ricordare”.
Infine il momento in cui la notizia della positività è stata comunicata a Sinner e il resto del team, con la ricostruzione degli eventi che è stata tempestiva. “Sentendo parlare di Clostebol, il collegamento con il Trofodermin è stato immediato. In poche ore abbiamo ricostruito i passaggi che hanno portato alla contaminazione di Jannik, e ho fornito le prove dell’acquisto dello spray presso una farmacia a Bologna. Con il senno di poi è facile dire che non rifarei le stesse cose. Mi ha fatto soffrire la superficialità, a volte aggravata dalla malafede, con cui molte persone hanno trattato la mia posizione. Ho subito un grave danno alla mia reputazione personale e professionale”.