Una vittoria importante arrivata in un momento complicato per la romagnola, che ha conquistato il secondo turno di Wimbledon

Foto Ray Giubilo

LONDRA – «Spero che questa vittoria (6-4 7-5 alla svizzera Teichmann, nda) rappresenti per me un punto di ripartenza. Ho trascorso un periodo molto difficile, ho anche pensato di mollare tutto, non riuscivo più a divertirmi. Ora mi sento più serena, voglio continuare così». Nelle parole di Lucia Bronzetti la conferma che la ricerca della felicità può essere una strada molto in salita anche per chi, almeno apparentemente, è un privilegiato che gira il mondo e guadagna bei soldi impugnando una racchetta. «Lo so, da fuori sembra tutto facile, anch’io mi ripetevo che il tennis è solo uno sport, anche se per me è diventato un lavoro – le parole della ventiseienne romagnola – però ho cominciato ad avvertire una pressione esagerata, ad avere troppi pensieri negativi. A Miami (nel marzo scorso, nda) ho avvertito i primi segnali, poi a Madrid, dove comunque ho passato un turno battendo Osaka, e a Roma il malessere è cresciuto tanto. Sono arrivate delle brutte sconfitte in torneo però poco per volta mi sono ripresa e adesso mi sento meglio, ho ricominciato a trovare piacere in quello che faccio».

Da Osaka a Rublev, da Badosa a Lajovic a Berrettini, che proprio ieri ha ammesso che forse gli si è “rotto” qualcosa nella testa, i problemi di salute mentale, dallo stress eccessivo alla depressione sempre in agguato, sembrano in aumento in uno sport come il tennis votato alla solitudine, legato fin troppo alle aspettative – personali e di chi circonda gli atleti – e ai risultati. «Dovremmo parlarne di più, ma negli spogliatoi questo è un argomento che evitiamo – ammette Bronzetti – molti non vogliono mostrarsi deboli di fronte ad una rivale che magari ti troverai presto ad affrontare in campo. Personalmente mi considero una persona molto sensibile, e come tale mi faccio troppi problemi, non riesco a farmi scivolare addosso certe cose. Anche in campo, il pensiero di non giocare come volevo e di andare incontro a una figuraccia mi faceva stare male. Ho provato a uscirne parlando dei miei problemi con le persone più care, naturalmente i miei familiari, il mio team, affidandomi anche all’aiuto di un mental coach. Mi era già capitato qualcosa di simile, tempo fa, e ne ero uscita così».

Torniamo a Wimbledon, dove Lucia aveva sempre perso al primo turno in tre precedenti tentativi. «Sull’erba ho cominciato a giocare piuttosto tardi (tre anni fa il suo debutto sul verde, nda) perché non avevo il ranking per giocare qui e allora non mi interessavano gli altri tornei su questa superficie. Con l’erba ho un rapporto altalenante, all’inizio faccio sempre fatica poi però comincio a sentirmi a mio agio e anzi penso che con il mio gioco posso togliermi qualche soddisfazione, ho anche raggiunto una finale (nel 2023 a Bad Homburg, nda). Giovedì affronterò Mirra Andreeva, è una che picchia forte. Ha un gran rovescio, è già una campionessa ma chissà, sull’erba tutto è aperto». E poi, Lucia, è solo tennis.