
I più scaramantici toccheranno ferro (o qualcos’altro), ma la realtà dei fatti dice che il 34enne di Caldaro è di gran lunga il giocatore più forte ancora in corsa in Ungheria. Detto di Cecchinato, che Seppi conosce benissimo dopo che per un periodo, anni fa, il siciliano si era anche trasferito a Caldaro per allenarsi sotto la guida di Massimo Sartori, la semifinale della parte alta del tabellone vedrà Aljaz Bedene opposto a uno fra John Millman e il tedesco Yannick Maden, fermati dall’oscurità con l’australiano a un game dal successo, sul 5-4 e servizio nel terzo set. Mettendo a confronto lo spessore delle varie carriere non c’è paragone: nessuno degli altri quattro ha mai vinto un titolo, e Andreas non ha mai perso con nessuno dei quattro (li ha affrontati tutti tranne Maden). È vero che le partite si vincono sul campo e non col cognome, ma si tratta di un bagaglio di esperienza da provare a sfruttare, per rilanciarsi addirittura fra i primi 40 della classifica ATP, roba che solo qualche mese fa non avrebbe immaginato nemmeno lui. Rispetto a dodici mesi fa Seppi ha già raccolto il doppio delle vittorie a livello ATP, senza contare il successo di gennaio nel Challenger di Canberra, e può puntare a regalare all’Italia il secondo titolo nel giro di due mesi, dopo quello conquistato a inizio marzo da Fabio Fognini a San Paolo. Con un pizzico di patriottismo vien da dire che se lo meriterebbe, se non altro come premio alla carriera, per la costanza mostrata lungo un cammino lunghissimo, che l’ha visto entrare per la prima volta fra i primi 100 del mondo il 16 maggio del 2005, e da allora uscirci solamente per sette settimane in tredici anni. Riguardando la top-100 ATP dell’epoca, un’ottantina di quei giocatori hanno smesso, mentre Seppi fa parte degli undici ancora fra i primi 50, insieme a gente come Nadal, Federer, Wawrinka e altri big. Quando dirà basta lo rimpiangeremo.

La doppietta nei primi due quarti di finale di giornata, con Lorenzo Sonego in campo nel terzo, aveva fatto annusare all’Italia un record di tre semifinalisti nello stesso torneo Tour che manca addirittura dal 1987, della seconda edizione del vecchio Grand Prix di Saint-Vincent. Ai “Campionati Internazionali Della Valle D'Aosta” arrivarono in semifinale Francesco Cancellotti, Claudio Pistolesi e Paolo Cané, mentre a Budapest sono rimasti due, perché pur giocando un ottimo match contro il finalista del 2017 Aljaz Bedene, il piemontese è stato costretto ad arrendersi in tre set, per 6-3 2-6 6-2. Un game delicatissimo vinto sul 2-2 del secondo set, con quattro palle-break cancellate, aveva dato all’allievo di Gipo Arbino la carica per infilare un parziale di quattro giochi consecutivi e soffiare il secondo set all’avversario, ma un break in avvio di terzo gli ha tagliato le gambe, obbligandolo ad arrendersi. Tuttavia, dalla sua terza esperienza in carriera nel circuito maggiore Sonego esce rafforzato, con la consapevolezza di essere già pronto per competere a certi livelli. È arrivata la conferma che il suo tennis funziona meglio nei grandi palcoscenici, che porta con sé il suggerimento di provare più spesso la via delle qualificazioni ATP. Da numero 141 del mondo, posizione che occuperà il prossimo lunedì, è un passo doveroso. Svanito il record di italiani in semifinale, ora non ci resta che sperare che il torneo possa finire diversamente rispetto a come andò 31 anni fa a Saint-Vincent. Visto che, malgrado le tre bandiere tricolori in semifinale, il titolo finì nelle mani del cileno Pedro Rebolledo.
ATP 250 BUDAPEST – Quarti di finale
Andreas Seppi (ITA) b. Nikoloz Basilashvili (GEO) 6-4 7-6
Aljaz Bedene (SLO) b. Lorenzo Sonego (ITA) 6-3 2-6 6-2
