L’azzurro orgoglioso della sua prima semifinale a Parigi, ma sempre con i piedi per terra, l’americano commenta l’episodio della possibile squalifica

PARIGI – Per i francesi dell’Equipe è “l’artista del dipinto perfetto”. Quando invece gli chiedono, subito dopo la partita vinta contro Tiafoe, dell’eleganza del suo rovescio a una mano, fa esplodere di applausi – conditi da qualche fischio – tutto il campo “Chatrier” rispondendo semplicemente, «sono un italiano, e gli italiani sono eleganti». Ma un campione no, Lorenzo Musetti crede di non meritarsi ancora questo appellativo. «Penso di avere le possibilità per poterlo diventare, questo sì, soprattutto vorrei essere riconosciuto come tale». Se continua di questo passo, non sarà difficile meritarsi in tempi rapidi il titolo di califfo del tennis: in due mesi ha raggiunto la finale a Monte Carlo e le semifinali a Madrid, Roma e ora anche a Parigi, dove non aveva mai passato gli ottavi di finale. Il settimo posto in classifica gli sta ormai stretto, quasi certamente salirà almeno di un gradino, anche se la stanchezza soprattutto mentale si fa sentire. «Era complicato giocare oggi – le parole del ragazzo di Carrara – c’era vento, era difficile fare le scelte giuste e nel terzo è stata una battaglia. Ero un po’ stanco ma ho trovato comunque l’energia e la motivazione giusta per farcela. Poi il quarto set è stato il migliore. A portarmi qui è stato un processo di crescita sia dentro che fuori dal campo, anche diventare padre mi ha reso più responsabile. Oggi il mio approccio alla routine è più professionale, mi alleno bene e so godermi i momenti con la mia famiglia. Questa vittoria è anche per loro».
Quello di Musetti è stato un cammino forse un tantino più lento del previsto ma sicuro. «Con Tartarini ho un rapporto speciale, ho avuto la fortuna di avere intorno a me persone che hanno sempre saputo aiutarmi nel modo giusto, caricandomi nei momenti di depressione e facendomi tornare con i piedi per terra quando invece piovevano troppi elogi. Sono questi i valori che voglio trasmettere ai miei figli. Quando ho capito che potevo diventare forte? La carriera da juniores è stata importante, la vittoria in Australia, la finale a Flushing Meadows, il numero 1 mondiale».
Sa di avere sbagliato sull’episodio della pallina calciata e finita contro una giudice di linea, un gesto di nervosismo che poteva costargli molto caro: «Solo una coincidenza sfortunata, non certo un gesto volontario, ho immediatamente chiesto scusa» (ma Tiafoe ha invece polemizzato: «Nessuna conseguenza per quella pallata, solo un warning. E’ comico! In queste situazioni c’è poca coerenza»).
A Sinner, che ha definito il suo gioco “più bello da vedere del mio”, Musetti risponde così: «Io invece gli invidio la mentalità, la testa che in campo gli fa fare sempre le scelte giuste. La stima comunque è reciproca, sarebbe bellissimo avere due italiani in semifinale». Chiusura sul giorno di riposo assoluto fissato per domani. «Come mi rilasserò? Cominciamo a dire che non metterò la sveglia, poi mi piacerebbe fare un giro per Parigi, città sempre bellissima. In serata, una partita a burraco, magari continuando a perdere. Qui finora a carte mi ha sempre detto male, evidentemente la cosa mi porta fortuna in campo…».