A Madrid Kotov sfiderà per un posto negli ottavi il nostro Jannik Sinner. Giocatore potente, dal fisico tutt’altro che atletico, ha però un record molto favorevole contro gli italiani… Jannik a parte!

Lo guardi, lo riguardi, anche da vicino – mi è capitato a Doha, nel match vinto contro Sonego – e Pavel Kotov non ti sembra esattamente il tennista più in forma del circuito: 25 anni, numero 72 Atp, un metro e 91 di altezza, 89 chili di peso dichiarati ufficialmente, una certa somiglianza con Corrado Guzzanti. Quando poi solleva la maglietta per asciugarsi il sudore, ti accorgi che probabilmente un dietologo qualcosa da dirgli ce l’avrebbe. Però che tennis.

Finora Kotov si è spinto al numero 61 Atp, lo scorso gennaio, dopo il primo turno strappato a Melbourne ad Arthur Rinderknech. «Non immagini che possa muoversi bene, ma ha un grande occhio e questo gli permette di arrivare su un sacco di palle – dice proprio il francese – Poi picchia molto forte e il suo diritto è impressionante. A volte anche quando si trova contro vento lo colpisce piatto e non è per nulla facile controllarlo. E ha vinto un sacco di match ultimamente, quindi è in fiducia».

Stasera a Madrid incontra Jannik Sinner, che ovviamente entrerà in campo da strafavorito, ma dalla sua Pavel nel 2024 ha un record più che incoraggiante con gli italiani: Flavio Cobolli – che stasera sfida Khachanov in una doppia sfida fra Italia e Russia – è stato l’unico a batterlo agli Australian Open, poi ci hanno perso Lorenzo Sonego a Doha, Lorenzo Musetti ad Hong Kong e Fabio Fognini a Marrakech, dove il 25enne di Mosca si è preso anche la rivincita su Cobolli. Con Sinner non ci sono precedenti.

«Quando ho capito che avevo talento per lo sport? – butta lì con un sorriso – Be’, forse nemmeno adesso». A tennis ha iniziato a giocare a quattro anni, il papà architetto e la mamma medico avevano tempo solo la sera di accompagnarlo a fare sport e nel club vicino a casa dove andava a nuotare c’erano altri due corsi disponibili: tennis e boxe. «Mia madre ha scelto il tennis ed eccomi qua». Mamma Liliya non è una tennista, e nemmeno una sportiva, ma si è trasformata nel suo mental coach che si occupa in realtà un po’ di tutto: «Mi aiuta in tanti modi, dall’incordatura delle racchette al bucato, alla colazione, al pranzo e alla cena». Non esattamente lo stile di Harry Potter, il personaggio preferito di Pavel che colleziona gadget del maghetto comprati un po’ ovunque.

Da Junior non ha lasciato grandi tracce. Passato professionista nel 2016, nel 2020 ha debuttato nel suo primo Atp a St.Petersburg dove ha perso subito da Humbert e l’anno successo ha vinto un Challenger in doppio a La Mancha e uno in singolare a Forlì. Nel 2022 è entrato nei primi 100 e ha vinto altri due Challenger, di nuovo a Forlì e a San Marino, ma è stato fra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 che ha iniziato a farsi notare veramente, raggiungendo la prima finale Atp a Stoccolma dove da qualificato ha battuto fra gli altri Eubanks, Sonego, Griekspoor e Kecmanovic ed entrando nei primi 70. Nell’ottobre scorso, poco prima di Stoccolma, ha però affrontato un lutto pesante: Ivan Polyakov, il coach, che lo seguiva da circa un anno insieme a Mikhail Bril, è mancato dopo una malattia fulminante. «E’ stato difficile riprendermi, gli ho dedicato la finale e so che voleva che continuassi a giocare, quindi ora sto cercando di dare il meglio possibile».

La ricetta di Pavel è decisamente semplice, almeno per come la spiega lui: «Cerco sempre di picchiare più forte che riesco e giocare meno colpi che posso». Jannik è Jannik, figuriamoci. Ma occhio a Pavel: è un agonista di peso.