Marco Caldara
25 August 2017

5.400 km di speranza. A piedi.

La vicenda di Sebastien Jacques, ex tennista canadese che dopo una discreta attività junior ha scelto il college. Un tumore al cervello, individuato dopo anni senza risposte, non gli permetteva di camminare più di 15 minuti al giorno. Non ha smesso di crederci, ha trovato un chirurgo disposto a operarlo e ha recuperato una vita normale. Per diffondere il suo messaggio sta camminando 5.400 chilometri coast to coast negli Stati Uniti. Da solo.
“Atleta. Sopravvissuto a un’operazione al cervello. Relatore motivazionale”. Bastano i 54 caratteri impiegati nella bio del suo profilo Twitter per rendersi conto che Sebastien Jacques ha tanto, tantissimo da raccontare. E c’è bisogno giusto di scorrere il dito sul touch screen per rendersi conto che invece di limitarsi a un microfono, il 28enne originario di Magog (Quebec) ha deciso di farlo in una maniera del tutto particolare, che lentamente sta portando in ogni angolo d’America la sua storia inzuppata di fonti d’ispirazione. Una parte la fanno i media, l’altra la sta facendo lui stesso, che dopo essere sopravvissuto a un delicatissimo intervento al cervello ha deciso di dire grazie alla vita con “The Great Walk”, una camminata di 5.400 chilometri coast to coast dalla Virginia alla California, per condividere la sua storia e un messaggio di speranza, incoraggiando le persone a non mollare mai e combattere per i propri obiettivi. I suoi sembravano franati ai tempi del college, dove era entrato con una borsa di studio per i risultati raggiunti sul campo da tennis, in una discreta attività juniores. Cresciuto sotto la guida di Simon Laurendeau, fratello di Martin (capitano canadese di Coppa Davis), Jacques è stato per due volte campione nazionale nelle categoria giovanili, e nella sua attività ITF figurano un paio di finali internazionali e anche un match contro Milos Raonic. Un po’ poco per pensare di sfondare, ma un curriculum che sufficiente per fargli guadagnare un posto per il Virginia Tech college di Blacksburg, negli Stati Uniti, dove abbinare agli studi i campionati a squadre NCAA. Il primo anno con la casacca degli “Hokies” ha vinto il premio di “debuttante dell’anno”, e la sua carriera sportivo-scolastica ha funzionato bene fino al 2010, ultimo anno di studi, quando i problemi di salute hanno fatto prendere alla sua vita una curva pericolosissima.
QUATTRO ANNI DENTRO E FUORI DAGLI OSPEDALI
Nel giro di poco tempo Sebastien è arrivato a perdere venti chilogrammi e a non riuscire a camminare più di quindici minuti al giorno, e per quattro anni ha fatto dentro e fuori dagli ospedali per provare a capirne il perché. “La gente faticava a riconoscermi – racconta – e sono passato da allenarmi cinque ore al giorno a non riuscire quasi a muovermi. Salire le scale di casa la sera, per andare a letto, era diventata la più grande sfida delle mie giornate”. Malgrado esami su esami nessuno dei medici visitati riusciva a diagnosticare la ragione del suo problema, fino a quando ci hanno rinunciato tutti, spiegandogli che si sarebbe dovuto rassegnare a quel tipo di vita, per sempre. “Per quattro anni mi sono svegliato ogni santo giorno in quelle condizioni, ma sentivo di aver ancora qualcosa da dare alla mia vita e ho continuato a credere in una soluzione, anche quando i medici hanno ceduto. Non era quello il modo in cui avevo intenzione di trascorrere il resto dei miei giorni”. Per fortuna, nel 2014 la diagnosi è arrivata: tumore benigno proprio al centro del cervello, ma non la soluzione. I medici non erano sicuri che alla base dei suoi problemi di salute ci fosse il cancro, e gli hanno sconsigliato l’operazione, ma lui non si è arreso. Da solo, si è messo in contatto con un neurochirurgo di Santa Monica che aveva esperienza per questo tipo di interventi delicati, e ha fatto bingo. “Il medico era certo che i miei sintomi derivassero da quello, e che una volta asportato il tumore avrei avuto di nuovo una vita normale. Era la mia unica chance, così ho chiesto una mano al mondo”. L’enorme interesse mediatico generato dalla sua vicenda ha mosso la macchina della solidarietà, aiutandolo a raccogliere in appena tre settimane gli oltre 110.000 dollari necessari per l’intervento. Nel febbraio del 2015 è andato sotto i ferri, tutto ha funzionato secondo i programmi e nel giro di tre mesi era già tornato padrone della sua vita, al cento per cento.

5.400 CHILOMETRI PER UNA STRETTA DI MANO
Il bello del web è che quasi nulla va disperso, così, girovagando qua e là è facile trovare degli articoli relativi a quel periodo, dalla raccolta fondi per permettergli l’operazione alla gioia quando tutto è andato per il verso giusto, fino all’annuncio del suo grande progetto, iniziato nella prima settimana di aprile. Sebastien è partito dalla sua Magog, per un mini-tour del Quebec che l’ha portato a prima Montreal e poi a Quebec City. Quindi ha preso un aereo per gli Stati Uniti e dalla Virginia ha iniziato il percorso vero e proprio, transitato immediatamente anche dal college di Blacksburg dove sette anni fa erano iniziati tutti i suoi problemi. Poi fra neve e sole cocente, strade asfaltate e fango, pianure e montagne, è stata la volta di Virginia Occidentale, Kentucky, Indiana, Illinois, Missouri, Kansas, Colorado, Utah e Arizona, dove si trova in queste ore, come mostra la mappa in tempo reale sul suo sito web. Tutto rigorosamente a piedi. Sebastien percorre circa una maratona al giorno, accompagnato solo da un carrellino per trekking in cui tiene lo stretto necessario per stare mesi lontano da casa, e si ferma a dormire da chi, una volta scoperta la sua storia, si fa vivo per ospitarlo a casa. Ormai la camminata è agli sgoccioli: a breve sarà in California e nel giro di tre settimane è in programma il suo arrivo a Santa Monica, dove raggiungerà per una stretta di mano dai mille significati il coraggioso chirurgo che il 12 febbraio del 2015 gli ha regalato una seconda vita.
Il percorso di Sebastien. In azzurro le tappe, in giallo la posizione attuale, in rosso la meta: Santa Monica
“SIAMO TUTTI CAPACI DI COSE INCREDIBILI”
Quasi ogni giorno documenta tutto via social, con foto, video e un breve resoconto quotidiano (in inglese e francese) in cui aggiorna le tante persone che lo seguono su esperienze di vita e soddisfazioni, nuove conoscenze e difficoltà. Per esempio, proprio ieri ha camminato oltre cinque ore in salita per valicare un passo di montagna, forando una ruota del carrello e rompendo l’orologio. Ma il suo bilancio della giornata poco fortunata dice tutto: “è proprio in questi momenti che ci rendiamo conto di essere padroni del modo in cui reagiamo alle situazioni”. Nel suo percorso, Jacques si è anche fermato a parlare in delle scuole. “La mia missione – si legge sul suo sito web – è far capire a ognuno che siamo tutti capaci di cose incredibili, e dimostrare che dobbiamo provare in ogni modo a goderci questo percorso incredibile, fatto di alti e bassi, che si chiama vita. I quattro anni passati a chiedermi cosa mi stesse succedendo mi hanno reso chi sono oggi, e non li cambierei con nulla al mondo”. Se non avesse creduto in se stesso, oggi non riuscirebbe a camminare più di un quarto d’ora al giorno. Invece passa quotidianamente i quaranta chilometri, da oltre quattro mesi. “Nella vita c’è solo un modo per affrontare gli ostacoli e le situazioni difficili: vivere nel presente, restare positivi e provare a difendersi. Ogni giorno arriva un’opportunità per diventare persone migliori. Non possiamo scegliere ciò che ci capiterà, ma possiamo scegliere come reagire di fronte a queste situazioni, con positività, coraggio e autostima. È proprio quando pensiamo di aver raggiunto i nostri limiti, che dobbiamo continuare a credere di poter fare meglio. Solo così si riesce a scoprire tutto il proprio potenziale”. Un messaggio perfetto anche per tutti coloro che a differenza sua ce l’hanno fatta con la racchetta, ma hanno ancora tanto da imparare nella vita.
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