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Julia Goerges e quella scena da libro Cuore

In 41 apparizioni Slam, Julia Goerges non aveva mai superato gli ottavi di finale. A Wimbledon, dove aveva colto i risultati peggiori, trova una clamorosa semifinale. Prima si scusa con Kiki Bertens per averla battuta, poi racconta l'origine delle sue fortune: la difficile scelta di cambiare vita e la necessità di avere tanta pazienza. Ci sono voluti tre anni, ma ha avuto ragione lei.
I due match sono terminati in contemporanea. Sul Campo Centrale, Camila Giorgi dava una rapida stretta di mano a Serena Williams e abbandonava il campo senza aspettarla, infrangendo la norma non scritta che prevede un'uscita all'unisono, almeno a Wimbledon. Qualche centinaio di metri più in là, sul Campo 1, Julia Goerges stringeva in un lungo abbraccio Kiki Bertens, a cui aveva appena strappato il sogno di giocare la semifinale a Wimbledon.
“Mi dispiace” le ha sussurrato all'orecchio.
Non devi essere dispiaciuta – ha risposto l'olandese – sono contenta per te, lo meritavi. Vai avanti, lo puoi fare”.
Una scena da libro Cuore, in un mondo - quello del tennis - dove ci sono più Franti che Garrone. Saranno pure terminati gli anni di Boris Becker, Steffi Graf e Michael Stich, ma la Germania trova sempre il modo di farsi notare, almeno a Wimbledon. Tra gli uomini stanno aspettando la consacrazione Slam di Sascha Zverev, ma in campo femminile hanno avuto persino Sabine Lisicki in finale, poi imitata da Angelique Kerber. Oggi festeggiano due giocatrici in semifinale: a Wimbledon non accadeva dal 1931, ancora prima della salita al potere di Adolf Hitler. Le protagoniste furono Cilly Aussem e Hilde Krahwinkel. L'ultima volta in uno Slam risaliva all'Australian Open 1993, con Steffi Graf e Anke Huber. Ma se la Kerber ha cambiato il suo status qualche anno fa, Julia non aveva mai superato gli ottavi in 41 partecipazioni Slam. Si metteva troppa pressione addosso e i treni buoni, a 30 anni da compiere a novembre, sembravano ormai passati. A maggior ragione a Wimbledon, dove veniva da cinque scoppole consecutive al primo turno. “Se parli di tennis a qualcuno, la prima cosa che conosce è Wimbledon – ha detto la Goerges dopo il successo che le consentirà di condividere il campo con Regina Serena – per me è più dolce raggiungere la semifinale qui perché non me l'aspettavo”. Fino a un po' di tempo fa, la sua carriera sembrava rovinata da un successo.
Nel tennis, può succedere anche questo.
UNA SCELTA IMPORTANTE
Nel 2011, ancora sconosciuta, vinse il ricco torneo di Stoccarda. “Mi sono trovata al posto giusto al momento giusto, nient'altro” avrebbe ammesso anni dopo. Da lì, le troppe aspettative le hanno impedito di diventare una top-player. Niente titoli WTA per sei anni, niente exploit negli Slam. Prima di Wimbledon, aveva raccolto per cinque volte gli ottavi di finale. Il merito di Julia è stato di continuare a credere nelle sue potenzialità. Nel 2015 ha scelto di cambiare tutto, abbandonando lo storico coach Sascha Nensel per affidarsi alle cure di Michael Gereser. “Sono ripartita da zero, cambiando anche residenza. Mi sono trasferita dal nord al sud della Germania, prendendo un nuovo allenatore e un nuovo fisioterapista. Ero convinta di avere un buon potenziale e di poter diventare la miglior giocatrice possibile. Ma certi risultati non si possono ottenere in tre mesi: ci vuole tempo, lavoro e pazienza”. E così, sul finire dell'anno scorso, è nata una nuova Goerges. Ha vinto 15 partite consecutive tra Mosca, Zhuhai e Auckland, cambiando il suo status nella classifica WTA, ma anche nello spogliatoio. Adesso le avversarie la guardano con maggiore rispetto. “Cambiare non è stata una scelta facile – racconta la tedesca, che oggi risiede a Regensburg, nei pressi di Monaco di Baviera – ho lavorato per sette anni con il team precedente, ma ho voluto assumermi il rischio di cambiare. Le cose andavano bene, ma volevo qualcosa di più. Secondo me, quello che avevo ottenuto era inferiore al mio potenziale. Quello che sto vivendo mi sta dimostrando che ho fatto la scelta giusta”. Non fu una scelta improvvisa, ma decisamente ponderata. Per sua fortuna, ha trovato le persone giuste con cui condividere il percorso. “Ma non ero sicura che avrebbero accettato: il mio coach ha famiglia, figli. Ho provato a raggiungere un accordo anche con il fisioterapista, e ce l'ho fatta. Siamo tutti soddisfatti”. Non è un caso, probabilmente, che risiedano tutti nel raggio di appena un chilometro.
LA STESSA PERSONA DI SEMPRE
La Goerges gioca un tennis dirompente: possiede uno dei migliori servizi del circuito (è in testa alla classifica degli ace stagionali: 257), il dritto fa male e il gioco di volo si è affinato con il tempo, anche grazie a un'assidua frequentazione del doppio. “Ma senza il mio nuovo team, adesso non sarei qui”. Però c'era da decifrare l'erba, superficie diversa dalle altre. L'avranno rallentata, il processo di uccisione dei vecchi prati, con l'abbandono della festuca perenne, non ha eliminato alcune caratteristiche strutturali. Per risolvere l'enigma, anche la Goerges si è affidata a un super-coach. Non un nome troppo famoso, anzi. Però David Prinosil giocava molto bene sui prati, al punto da raggiungere gli ottavi a Wimbledon e vincere ad Halle. “Mi ha spiegato alcune cose, come posso essere pericolosa sull'erba – racconta Julia – in particolare, devo accettare certe dinamiche e certi tipi di palle. In passato non lo facevo. Ha cambiato il mio modo di vedere gli scambi, di organizzare il punto. Sull'erba ci sono alcuni scambi in cui non puoi fare nulla e lo devi accettare, anche nei momenti importanti. Contro la Bertens l'ho dimostrato, visto che nel primo set ero la migliore giocatrice in campo, ma l'ho perso. Sì, la partita di oggi è stato il miglior esempio possibile per dimostrare il mio cambio di mentalità”. Le cose sono cambiate sul campo da tennis, perché fuori Julia ha avuto la forza e la capacità di restare la stessa di sempre. Un risultato che vale quasi quanto un trofeo in bacheca. “Mi sono imposta di essere la stessa persona – raccontava qualche mese fa – il numero davanti al mio nome rappresenta soltanto la classifica e non chi sono veramente”. Lo ha dimostrato nell'abbraccio a Kiki Bertens, in quelle parole sussurrate sul Campo 1, in quell'attimo di intimità rubato con 10.000 persone intorno. Per arrivare in finale, dovrà battere bulldozer Serena. Ci ha perso tre volte su tre, l'ultima un mese fa sulla terra di Parigi. Non le ha mai portato via un set, sembra una scalata impossibile. “Ma partiremo da 0-0, giocherò la mia partita...” ha detto, ancora intrisa di sudore, nelle parole concesse alla BBC, appena uscita dal suo amato Campo 1. Qualche centinaio di metri più in là, oltre alle buone maniere, dovrà portare tutto quello che ha. Riuscisse il miracolo di una finale tutta tedesca, difficilmente i vertici di ARD e ZDF potranno rinunciare alla trasmissione in chiaro dopo che se la sono fatta sfuggire per le finali del 2013 e 2016, con in campo Lisicki e Kerber. Julia giocherà anche per riportare il tennis in chiaro nel suo paese. Come ai tempi belli.
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