01 February 2015

Serena Williams: "Pensavo non fosse destino"

L'intervista a Serena Williams, che con la vittoria degli Australian Open raggiunge il diciannovesimo titolo Slam e si avvicina sempre di più ai 22 di Steffi Graf ...

Serena williams: "pensavo non fosse destino"

Traduzione di Monica Zanelli - Foto Ray Giubilo

 

- Come ci si sente?

“Ci si sente  molto bene a sedere qui da vincitori. Sicuramente all’inizio del torneo non pensavo che sarei stata qui  ma è fantastico”.

 

- Quanto è stato duro il match, soprattutto nel secondo set?

“Il match è diventato più difficile nel secondo set. Maria ha iniziato a giocare più aggressiva e io sono stata più passiva, cercavo solo di buttare la palla al di là della rete. Ma nel secondo set ho anche servito meglio  perché sapevo che se i miei colpi da fondocampo non avessero avuto successo, avrei potuto avvantaggiarmi con il servizio. Ho sbagliato dei colpi facili in risposta e lei ha servito alla grande per annullarmi le palle break. Comunque posso dire che avrei potuto fare alcune cose meglio”.

 

- Dopo il let sul match point eri sicura di servire ancora nella stessa direzione?

“Per niente. Dopo il let ho pensato: “Non è destino che io vinca il torneo”. Ho avuto un paio di match point e Maria li ha annullati. Pensavo: “Servo sulla T? O esterno? Che faccio?”. Alla fine ho solo lanciato la palla e ho colpito più forte che potessi”.

 

- Oggi hai vinto il diciannovesimo Slam e Steffi Graf ne ha vinti 22. Questi numeri significano molto per te? Vorresti arrivare a 22?

“Sì, mi piacerebbe arrivare a 22. È stato difficile ottenerne 19 e ci sono voluti 33 anni, per cui … sì, mi piacerebbe, ma prima devo arrivare a 20 e poi a 21. Ci sono molte giocatrici giovani che stanno emergendo, quindi sarà molto dura”.

 

- Puoi descrivere come ti senti dal punto di vista emotivo in questi match?

“A volte sono un po’ nervosa., come negli US Open l’anno scorso e come oggi. Ero più nervosa di come di solito mi sento nelle finali Slam. Normalmente gioco e basta, in questi ultimi due Slam ho fatto degli errori strani nel tie break che di solito non faccio se sono calma e mi muovo bene. Oggi però sono stata decisamente meno tesa che agli US Open e spero di continuare così se giocherò un’altra finale Slam”.

 

- Hai fatto un discorso molto lungo. L’avevi preparato prima?

“No. Un mese o due fa pensavo che se avessi vinto gli Australian Open avrei voluto dire molte cose perché sarebbe stato speciale vincere il diciannovesimo titolo. Ho voluto ringraziare il pubblico, che in Australia è sempre fantastico con me. Volevo motivare le persone che non hanno ottenuto molto nella vita e dire loro che possono raggiungere i loro obiettivi se perseverano e credono in loro stessi. E poi avevo un altro importante messaggio da dare. Ho parlato della malattia del motoneurone (MND), perché bisogna avere consapevolezza di questo problema, è una malattia che può colpire chiunque”.

 

- Tra quanto inizierai a pensare a Parigi?

“Quando penso a Parigi, non penso al ventesimo Slam. È l’unico Slam in cui non ho più di due titoli e mi dispiace. L’anno scorso ho giocato davvero male al Roland Garros e a Wimbledon, questi due tornei sono quelli su cui punto di più perché vorrei fare meglio e so che posso farlo”.

 

- In campo hai menzionato Patrick. Come ti ha aiutato?

“Mi ha aiutato molto. A volte un giocatore non crede in se stesso. A volte penso che non riuscirò a battere quell’avversaria, che non giocherò bene o che non mi sento sicura di un certo colpo. In queste due settimane lui mi ha incoraggiato molto, mi ha dato idee sulla strategia prima di ogni partita, su come migliorare il gioco non tanto per oggi ma per il futuro”.

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