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di Gabriele Riva - foto Ray Giubilo
Un posto nella storia del gioco la finale
di Wimbledon 2008 ce l’ha già. E’ stata forse addirittura
troppo bella
per essere vera. Da due così ci si aspetta di tutto certo, il bello
è che
“tutto” c’è stato: la componente tecnica, prevalente;
quella psicologica,
fondamentale; quella meteorologica ed epica: insomma un match storico.
Rafael Nadal e Roger Federer hanno fatto vedere il meglio che due uomini
con racchetta possano mostrare, almeno al giorno d’oggi. Alla fine ha
vinto Rafa, ed è questa la notizia visto che sotto ai piedi non
c’era
la terra rossa ma l’erba, molto rallentata rispetto a qualche decennio
fa, ma pur sempre erba. Federer vede interrotta la sua striscia di successi
consecutivi a 5, l’albo d’oro viene sparigliato e il Cannibale
centra
una storica doppietta Roland Garros-Wimbledon, che già aveva sfiorato per
due anni filati.
L’inizio del match è stato traumatico e traumatizzante per Roger e
per
tutti i FedFan, break e Nadal che scappa sul 3-1 in un baleno. Federer
serve male, è teso, il diritto non funziona e il back non lo vuole usare
(o non può farlo, viste le pallate che gli arrivano in fronte). Di andare
a rete non se ne può nemmeno parlare, l’erba è più
alta rispetto a quella
di Edberg e soci, le palle sono più lente, il passante è
lì dietro l’angolo,
soprattutto con uno dotato della mobilità di piedi del Senor
Nadal.
Se siete di quelli che cercano una chiave
tecnica a tutti i costi la più plausibile fa riferimento al rendimento
al servizio di Re Roger. Quando le “prime” sono cominciate ad
arrivare
e con loro i servizi vincenti, ecco che lo svizzero è riuscito a
rimettere
in carreggiata il match (teoria confermata per altro dall’andamento degli
ultimi tre set). Nel secondo parziale infatti con il servizio ritrovato
Roger guadagna fiducia e un primo strappo in suo favore, 4-1. Poi
l’interruttore
delle prime si spegne di nuovo, Rafa breakka due volte e va avanti due
set a zero: risultato identico: 6-4. Il terzo set sembra l’inizio della
fine. Sul 3-3 Rogi deve affrontare tre palle break consecutive ma in qualche
modo resta aggrappato con le unghie a un match che non sembra più avere
nemmeno troppa voglia di continuare. Sul 5-4, quando tutto sembra avviato
verso la strada iberica, dal cielo cominciano a piovere gocciolone. La
più classica delle piogge londinesi. Le polveri, così come
l’erba, vengono
bagnate e il match diventa psicologico, giocato di mente seduti sulle poltrone
dell’All England Club. Un’ora e 17 così, poi si riprende.
Non ancora
il tempo di finire di provare volée e servizi e in un amen si va al
tie-break.
Sette punti che potrebbero mettere la parola fine al regno londinese di
Federer. Ma il pentacampione sfodera un servizio d’onnipotenza ed
è lui
a far piovere: gli ace fioccano.
Il quarto set è un capolavoro di testa e tennis. Di pari passo, mano
nella
mano, i due si portano ancora una volta al tie-break. Bene, questo “gioco
decisivo” da solo meriterebbe un libro. Rogi vince il primo punto, poi
ne perde quattro di fila. Sul 5-2 Rafa, e due servizi per lo spagnolo,
la pratica ancora una volta sembra archiviata. Ma Nadal fa quello che non
ti aspetti, doppio fallo! Allora è un uomo pure lui, meno male; e si
procede
con i servizi. Nadal ha due match point, il primo sul servizio altrui.
Palla esterna e gran diritto di Federer. Annullato con stile. I due punti
successivi sono il tennis trasfigurato in poesia. Per guadagnarsi il secondo
match ball Rafa rincorre l’attacco di diritto avversario e gioca un
passante
lungolinea da tre metri fuori dal campo che lo porta a servire per il match.
Un colpo da brividi e applausi. Serve lui, lo fa bene, va a rete attaccando
sul rovescio di Federer che pure lui arriva in corsa, non si sa come mette
a posto i piedi e lascia andare il braccio in un rovescio, sempre lungolinea,
che ti fa voler bene al mondo. Un colpo da lacrime e pelle d’oca. Alla
fine è quinto set.
Giusto
così, ma adesso il cielo è da tener d’occhio doppiamente.
Da un lato per
cercar di capire se ha in tasca altra pioggia di cui liberarsi, dall’altro
per capire fino a quando assicurerà la luce necessaria per giocare a
tennis.
Puntualmente, le tasche vengono rivoltate e i teloni coprono ancora un
Centre Court per l’ultima volta colto impreparato (nel 2009 sarà
dotato
di tetto retrattile). Quando si torna in campo Roger torna a far fatica
col servizio. Rafa no. Anzi lo spagnolo sembra aver ritrovato quel brio
che all’inizio della partita decisiva aveva smarrito nei ricordi di quei
due match point andati a farsi benedire. Sfiora il break sul cinque pari,
lo accarezza sul sei pari, lo acchiappa subito dopo, sul sette pari. Serve
per il match e si ritrova sul 30-30, poi ha il match point. Da sinistra
gioca una prima esterna che chiude il match. Anzi, no: perché Federer
tira
fuori l’ultimo colpo di classe, un altro rovescio (incrociato stavolta)
che è l’essenza del gioco. La resa è lì, a due punti
di distanza, con
un diritto che muore in rete, ma quella risposta di rovescio è stata il
suo modo per dare a Rafa la consacrazione definitiva: io gioco così e tu
vinci. Rafa di fianco alle varie Maestà dice di aver battuto il
“più grande
giocatore di sempre”, ed è vero. Ma bisognerà abituare
mente e orecchio:
il Migliore, da oggi, non si chiama più Roger.
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