Ancor più sollevato, sento emergere dentro di me tre parole che vi lascio, per queste settimane che ci richiedono una nuova resistenza, ma che almeno ci condurranno al rientro di Roger in Australia: tempo, desiderio, santità.
Il tempo, che da febbraio sembra lentissimo, “si è fatto breve”, direbbe Paolo di Tarso. Mancano poco più di due mesi (ah, la relatività di Einstein!) agli Australian Open. Nella sua lettera l’Apostolo aggiungeva: “passa la scena di questo mondo”. Per il momento ci accontenteremmo che fosse arginato questo maledetto virus e passasse il tennis nella bolla, con gli applausi registrati e un gioco di mera potenza.
Il desiderio è etimologicamente l’attesa di una stella (de-sidera) che torni a squarciare la notte e ci fornisca una bussola per ritrovare un orientamento: nel loro piccolo, i colpi inattesi e sorprendenti del Re possono darci una spinta in questa direzione. Esagero: possono tornare a far splendere non una stella, ma il sole. Al lavoro, fotografi, per presentarci in questo modo la pallina gialla di nuovo accarezzata da Sua Fluidità!
Infine, oso, santità. Siamo soliti associarla a un retrogusto dolciastro e moralistico, a odori stantii di sacrestie. No, biblicamente santità significa “alterità”, “differenza”, dunque vita! Non voglio inoltrarmi in sentieri teologici, ma ci capiamo. In ogni caso, e senza tema di smentita, esiste un’alterità, una differenza di Federer rispetto a ogni altro tennista.
Buona, trepidante attesa del ritorno della “differenza rogeriana”, che sarà accompagnata dalla meraviglia. Con un video, due foto, tre parole: in attesa che si diradino le nubi e si riveda il Re Sole, sorridente splendore di bellezza diffusa.