Come ogni settore, il tennis ha il diritto di scendere in campo per tutelare la propria sopravvivenza. Una trentina di circoli hanno promosso e presentato un ricorso al TAR del Lazio per chiedere la sospensione del DPCM in vigore che equipara i campi coperti a locali al chiuso. “Siamo consci delle problematiche che il paese sta affrontando e qualora dovesse esserci la necessità di richiudere tutto, noi saremmo i primi ad accettarlo senza polemiche - premette l’ex tennista Luca Bottazzi, oggi maestro e docente universitario che si è occupato di divulgare l'iniziativa ai media -. Nel momento in cui parlo però ci sono attività aperte. In Italia le chiusure sono regolamentate da dinamiche progressive regolate dalla scienza che si esprime in merito al tema sicurezza. Il tennis è stato già riconosciuto come sport sicuro, quindi vorremmo capire in quale fascia si colloca e perché”. L’iniziativa ha richiesto molto impegno alle parti coinvolte, che hanno trovato dei punti comuni e si sono attivate per presentare il ricorso in tempi brevi: “Ci è voluto un po’ di tempo ma siamo stati bravi. I circoli coinvolti hanno trovato l’intesa e gli studi legali hanno raccolto le firme digitali dei presidenti. Chi ci legge potrebbe scadere in luoghi comuni come “La gente muore e voi pensate a giocare a tennis”, ma dietro a questo sport c'è un comparto produttivo ad oggi fermo”.
Intervistato da Il Tennis Italiano, Bottazzi ha presentato nel dettaglio le motivazioni del ricorso: “Gli studi promossi dal professor Giorgio Buonanno, docente ordinario di Fisica tecnica ambientale, hanno calcolato il ricambio d’aria garantito dai palloni pressostatici utilizzando i dati tecnici forniti da Plasteco, azienda di Milano che produce queste strutture. È emerso che sotto il pallone più piccolo da 3600 metri cubi il ricambio d'aria completo è garantito ogni venti minuti - evidenzia lo studio -. Sotto quello più grande da 8500 metri cubi, capace di ospitare due campi da tennis, ogni mezz'ora. Questi dati rendono ancora più complicato capire perché solo gli agonisti possano giocare indoor, specialmente perché il livello di gioco non è un fattore in chiave sicurezza”.
Secondo gli studi presentati al TAR del Lazio, la portata del ricambio d’aria sarebbe così elevata, che in termini di sicurezza non sembrerebbe esserci differenza tra un’ora di tennis al coperto ed una all’aperto. In questi termini Bottazzi sottolinea ulteriormente la dissonanza tra strutture coperte e chiuse, considerando i tanti centri sportivi dotati di palloni con aperture laterali, ingiustamente equiparati ad impianti chiusi. L’ultimo punto a cui rimbeccare, è quello riguardante la mole di spostamenti che potrebbe scaturire dall’apertura completa dei circoli: “Tanti sostengono che liberalizzando il tennis si muoverebbe troppa gente, ma se vuoi impedire gli spostamenti dovresti fare un lockdown totale dato che tennis o meno, ci sono tante attività aperte. I campi inoltre hanno una struttura modulare, si può giocare massimo in quattro, quindi anche se si dovessero muovere quaranta persone sai che saranno ripartite almeno su dieci campi. Questa struttura è per natura anti-assembramento”.