Adesso Tortora è in quarantena forzata, come tutti del resto, a maggior ragione dopo un viaggio di ritorno che lo ha visto attraversare l'oceano: "Il massimo che posso fare è andare in garage - dichiara - faccio esercizi e studio. Per ora non mi sto allenando in maniera intensa, mi sto riposando anche perché non posso andare a correre. Faccio tutto da casa, ho degli esercizi da seguire, un programma stabilito e sto seguendo quello. Prima di tornare avevo sentito quanto fosse devastante la situazione, tutti mi dicevano che avrei dovuto restare a casa non appena arrivato. Non avevo mai sentito una cosa del genere. All'estero tutti sottovalutano il problema - rimarca - ma è dappertutto. Certo, ora in Italia è peggiore, ma arriverà man mano ovunque".
Non solo la chiusura delle strutture tra i motivi del ritorno a casa. 'Dade' (così lo chiamano gli amici) avrebbe potuto rimanere negli Usa: "I coach locali ci dicevano che avremmo potuto dormire nelle loro case - spiega -. Tutti i compagni della mia squadra però erano tornati, non aveva senso restare. Quasi tutti siamo europei, eravamo preoccupati dal fatto che il governo americano avrebbe potuto chiudere gli aeroporti e i voli verso l'Europa. Magari se avessimo aspettato una settimana in più sarebbe stato tardi".
Chiosa finale sull'avventura americana, intrapresa sempre da più tennisti-studenti italiani. Tra i giovani azzurri ad aver optato per gli studi oltreoceano anche i vari Giovanni Oradini, Alice Amendola, Isabella Tcherkes Zade e Nicola Vidal per citarne alcuni: "Mi sto trovando benissimo - afferma in maniera decisa Tortora - è un'esperienza che consiglio a occhi chiusi a tutti. Ti cambia, vivi qualcosa di diverso. Qui in Italia non c'è nulla di simile a questo. I coach americani sono diversi da quelli italiani come visione. A scuola conosci persone di infinite nazionalità, molti provengono dal Sud America, ho amici della Nuova Zelanda, del Canada e così via. Posso dire che ti forma non solo dal punto di vista tennistico, ma soprattutto umanamente".