Il Tennis Italiano

IL TENNIS ITALIANO 1 Stefano Semeraro segue professionalmente il tennis dal 1986. Da inizio anni ‘90 si occupa di tennis e sport per La Stampa Coltiviamo il giardino del nostro tennis avrete notato, credo: il tennis è più popolare che mai. I tg nazionali, che un tempo si smuovevamo solo per occasioni epocali, oggi ci aggiornano sui risultati degli italiani negli ottavi di tornei se non minori, sicuramente di secondo piano per un medium generalista. Tutti, al bar, dal barbiere, in pizzeria, sanno chi sono Berrettini e Sinner; molti ti spiegano di aver «ripreso in mano la racchetta dopo anni che non giocavo». Bene, benissimo. Agli Internazionali d’Italia che si sono messi in moto proprio nei giorni in cui questo numero de Il Tennis Italiano arriva in edicola ci presentiamo con l’ottimismo che ci consente la drammatica situazione in Ucraina, e che ovviamente coinvolge anche lo sport; ma con la consapevolezza che negli ultimi anni il tennis nonostante la pandemia, e in alcuni casi proprio a causa della pandemia, ha fatto passi in avanti. Per un lungo periodo, nei mesi più duri e tristi del lockdown, è stato fra i pochissimi sport praticabili e questo ne ha favorito lo sviluppo. Il covid non è ancora battuto, e ora ci sono altre gravissime preoccupazioni, ma se possiamo per un attimo impegnarci a coltivare il nostro piccolo giardino, l’attenzione va messa a non sciupare questa onda positiva. La fortuna di uno sport la fanno i giocatori, le grandi imprese, ma anche, più prosaicamente, le infrastrutture e le risorse destinate al territorio. Il presidente della Fit Angelo Binaghi si aspetta un incasso record da questa edizione degli Internazionali, la prima che riavrà un pubblico vero da quando è iniziata la pandemia; e le casse piene non possono che fare piacere. A patto che non I tennisti non sono gli unici ad avere diritti, anche chi rischia il proprio denaro per organizzare un torneo va tutelato si considerino i circoli solo come un gettito e non si esageri con il costo dei biglietti. Se la promessa è quella di reinvestire in campi da tennis, non può che trovarmi d’accordo, visto che il secondo dei grandi problemi dello sport italiano - il primo è il rapporto con la scuola -, dal calcio alla meno frequentata delle discipline, è proprio la mancanza o la scarsa qualità degli impianti. È questo il momento di investire nel futuro, di creare manager con una competenza e una visione del futuro - come suggerisce Leo Bassi nel suo approfondimento -, di scommettere sulla formazione; e di dare una mano a chi i tornei li fa nascere e li nutre con pazienza. Non può che fare piacere accogliere il ritorno del mini-circuito degli appuntamenti under 18 del nostro paese; dà soddisfazione vedere come città come Biella, Parma, Forlì, o una realtà vitale ma decisamente provinciale come Gaiba si siano guadagnate la fiducia di Atp e Wta. In altri casi, vedi Courmayeur, gli organizzatori sono però stati lasciati soli, e questo va evitato. I tennisti e le tenniste non sono gli unici ad avere diritti, anche chi rischia il proprio denaro per organizzare un torneo va tutelato. Se la pandemia ha creato una bolla, ora va impedito che scoppi malamente. Non dipende solo da noi, dall’Atp o dalla Fit, purtroppo, e basta accendere la tv per rendersene conto. Ma intanto coltiviamo il nostro giardino. L’EDITORIALE di Stefano Semeraro L’ stefano.semeraro@sport-com.it

RkJQdWJsaXNoZXIy MTQ3ODg3Nw==