Anche il tennis maschile sta diventando fluido? Nel senso delle gerarchie a geometria variabile, degli sprofondi sconcertanti di chi sembrava destinato a esiti migliori - Tsitsipas che combini? Kyrgios dove sei finito? -, delle incertezze a ripetizione dei giovani che sanno sprintare sulle distanze brevi ma faticano a trovare una velocità di crociera.
Il tennis per ora è un trofeo che si palleggiano il Vecchio e il Bambino, Djokovic e Alcaraz. La lunga volata estiva ci ha consegnato due numeri 1 ma nessun vero padrone, un Djokovic ancora capobranco nonostante i 36 anni, ma a volte vulnerabile, come si è visto a Wimbledon. E un Alcaraz che dopo i crampi mentali di Parigi a Cincinnati ha dovuto inchinarsi al magistero fisico, oltre che mentale, dell'anziano re. La loro è una rivalità asimmetrica, bella ma impossibile da sostenere a lungo termine. Prima o poi resterà solo Alcaraz e allora - se ne parla in diversi luoghi sul numero in edicola della rivista - capiremo se la sua è una fuga solitaria o il gruppo saprà avvicinarlo.
Al momento, dietro i due leader, c'è grande confusione. Ruud si vede e non si vede, Rune è una rivoluzione bionda con lo start & stop, che molto promette ma per ora poco mantiene; Rublev ha brillato a Monte Carlo, ma poi chi l’ha visto? E l’Aliassime spettacolare di fine 2022, quello che ha regalato la prima Coppa Davis al Canada, è uscito da mesi dal radar che conta. In questo panorama agitato e imprevedibile, e in attesa di capire che Nadal ci restituirà il 2024, la costante è Sinner, un passista di classe superiore che sta migliorando (vedi Toronto) anche come finisseur.
A intorbidare il tutto c’è la sensazione strisciante e fastidiosa che ormai mediaticamente e nei sogni dei più forti contino solo gli Slam, i quattro tornei pigliatutto, e che a volte persino i 1000, siano percepiti più come warm up che come valori a se stanti. Accade, in parte, anche per il tris rosso Monte Carlo-Madrid-Roma, che per tradizione e contenuti non può certo ridursi ad un aperitivo del Roland Garros. Per il tennis, ovviamente, non è un bene, come non sono un bene i tanti infortuni che frastagliano le stagioni - e Berrettini purtroppo ne sa più di tutti - sottraggono alla vista campioncini in progress e antichi eroi per lunghi periodi. E impediscono quei confronti diretti e ripetuti che sono le fondamenta e il cemento di rivalità solide, capaci di dare un ordine al caos e un punto di riferimento agli orfani dei Fab Four.
Mi sento quindi di appendere un avviso: cercansi certezze, urgentemente.