Una vittoria di certo non annunciata, ma che a 4 anni di distanza ha convinto Puig a credere in una sorte di “disegno” che l’avrebbe portata ad ottenere uno dei riconoscimenti più prestigiosi ottenibili nella carriera di un’atleta professionista: "Prima del viaggio per Rio sono successe cose curiose: mia mamma, mio fratello e mio padre mi hanno portato all'aeroporto e ho scritto loro un bigliettino, che hanno aperto solo quando mi hanno lasciato. Diceva qualcosa del tipo: 'Eccomi, sulla strada per i miei primi giochi olimpici, grazie per avermi lasciato in aeroporto, appoggiandomi sempre sia nei momenti positivi che in quelli negativi. Non riesco a credere di essere un atleta olimpico, spero che possiate vedermi tornare con l'oro'. Tra l'altro, due o tre giorni prima di andare ai Giochi abbiamo adottato un cane e l'abbiamo chiamata Rio. Prima della finale, quel cane ha iniziato a giocare con una bottiglia di champagne, che aveva i colori dell'oro. È come se tutto stesse andando verso quella direzione". Una direzione talmente impronostabile da stordire, un cambio così netto in termini di popolarità e responsabilità che hanno destabilizzato l'umore sempre pacato di Monica: "Dopo la vittoria ho avuto problemi a giocare di nuovo. Ero debole. Sentivo che le persone si aspettavano molto da me, ma io non ero pronta per quel tipo di successo. Avevo già avuto buoni risultati, ma niente di abbastanza grande da poter dire: 'So già come gestirlo'. Non ero mai arrivata lontano nei Grand Slam, avevo vinto solo un torneo a livello Wta (a Strasburgo, ndr) e non sapevo come gestire la situazione. In sostanza mi mancava la maturità. Mi sono resa presto conto che ero depressa, non avevo il coraggio né la voglia di fare niente: la situazione mi ha del tutto sopraffatto. Anche i social network mi hanno colpito. Ognuno mette le foto quando è sorridente e felice, ma la realtà è ben diversa. Molti mostrano un'immagine molto falsa: vuoi mostrare al mondo quanto stai bene, ma magari in realtà sei a letto. Voglio essere molto sincera, perché so che gli atleti sono modelli per i giovani e voglio che sappiano che non è tutto roseo”.
Una visione chiara e lucida, frutto di anni in cui l’introspezione ha giocato un ruolo fondamentale per arrivare ad una nuova consapevolezza, che nella mente della portoricana vuole far rima con rinascita.