All’ingresso, una teca protegge la Davis 2017. Dietro, una vetrofania extralarge con l’aggiornamento grafico della contabilità - questa è la decima Insalatiera, la prima dopo 16 anni e tre finali perse - e i volti del successo: Tsonga, Pouille, Herbert e Mahut, Benneteau, Simon, Chardy con capitan Noah. Quasi tutti figli della federazione. Di fronte, un megaschermo proietta i notiziari con i lavori in corso al Bois de Boulogne: c’è Guy Forget con gli occhialini rotondi che racconta del patto col Municipio, lo spostamento delle serre d’Auteuil e la sudata espansione dello Slam. La Francia del tennis, da poco più di due anni, ha preso casa a cinquecento metri dai campi rossi più famosi del mondo. Il nuovo CNE, il Centre National d’Entraînement, aveva bisogno d’aria: «Dentro il Roland Garros non ci stavamo più» dice, salutando, Bernard Pestre, vicedirettore tecnico nazionale. Mancava spazio per il torneo, figuriamoci per gli allenamenti. Pestre lavora alla FFT dal 1984, ha cresciuto ottimi professionisti (tra cui Arnaud Boetsch, Guillaume Raoux e Thierry Champion) ed è da lui che dipende l’insegnamento ufficiale del gioco del tennis in Francia. In sostanza, insegna agli insegnanti cosa insegnare e come insegnarlo. Qui c’è tutto: su 13.000 comodi metri quadrati sono distribuiti undici campi in resina sintetica (sette interni, quattro esterni; per la terra, ce ne sono una ventina dei migliori al mondo appena un isolato più in là); stanze per le palestre, una Spa sportiva, il centro medico con fisioterapia e crioterapia (sono due vasche, una a -60, l’altra a -110 gradi), tre sale riunioni attrezzate per i tecnici, così grandi che si possono spezzare e ricomporre alla bisogna. Poi la foresteria con 38 camere, molte delle quali singole, e circa 60 posti letto. Per i ragazzi c’è anche una lounge con televisione, libri, giochi, spazi ricreativi, tavoli per fare colazione e merenda, frigo e forni per conservare e riscaldare pasti, anche se è stato scelto di non avere una cucina interna e continuare a servirsi dal ristorante del Roland, per mantenere una frequentazione costante dello stadio. Ai piani superiori, gli uffici della direzione tecnica federale. L’architetto Marc Mimram, inventore di questa struttura morbida rivestita di lame di acciaio bianco costata 20 milioni di euro, ha studiato un sistema di lucernari naturali e illuminazione elettrica automatica per i campi, anche se Pestre è un perfezionista e, una volta segnalato il sistema di haute qualité environmental che isola i campi da caldo e freddo, si lagna perché il sistema intelligente fa cilecca: «A volte qualcosa non va e, alle dieci di sera, ci sono tutti i campi illuminati e nessuno che gioca»; se non altro, grazie alla scelta del nucleare, da queste parti i kilowatt costano poco. Il nuovo CNE è un gioiellino, come la prima cosa che Pestre mostra con orgoglio: «Il campo connesso. Una struttura tecnologica diventata fondamentale, su cui vogliamo investire: ci sono sette telecamere ad alta definizione piazzate dagli ingegneri israeliani di PlaySight, con un server centrale che registra con username e password chi sta giocando. Si possono studiare tutte le traiettorie, le velocità, gli impatti. Il coach può interrompere l’esercizio e analizzare immediatamente quello che i ragazzi stanno facendo, correggere, migliorare. Alla fine della sessione, tutti i dati vengono mandati all’allenatore e ai giocatori via mail». Lo smart court ha anche una tribunetta per 120 persone: «Per la formazione. Noi vogliamo che i nostri coach, che tradizionalmente insistono molto sulla tecnica e la strategia, rinforzino le loro competenze scientifiche, usando statistiche e tecnologia per allenare i ragazzi. Su questo abbiamo ancora del lavoro da fare». Al CNE anche la scuola è smart: «I ragazzi scolarizzati che vivono qui frequentano la e-school. In passato avevamo insegnanti che chiamavamo qui per le lezioni, e non funzionava male, ma la carriera del tennista è complicata, ci si sposta molto, non si sa quando si perde o quando si torna a casa. Dallo scorso anno abbiamo cambiato metodo. La scuola a distanza è una cosa seria: i tassi di diplomati con i corsi digitali, qui, sono altissimi». La federazione aiuta anche chi smette, come Guillaume Rufin (27 anni, ex numero 81 ATP), e vuole laurearsi in fisioterapia per mettersi a disposizione. Le strutture del CNE sono aperte a tutti i professionisti, con un ordine di priorità: prima vengono i giocatori convocati per Davis e Fed Cup, che possono usarlo tutto l’anno a loro piacimento, poi i ragazzi convocati che vivono qui, e sono una ventina; infine gli altri tennisti di buon livello che ne facciano richiesta.