Redazione
13 December 2018

ITALIA, SECONDA POTENZA MONDIALE. ANCHE SE…

L’Italia è seconda nel nostro Nation Ranking che somma la classifica dei primi tre giocatori di ciascun paese. Al maschile stiamo vivendo un ottimo momento, ma ora serve un ulteriore salto di qualità: infilare un azzurro nella top 10 mondiale. Perché ci sono ben undici paesi che hanno un giocatore meglio classificato del nostro number one, Fabio Fognini.
1/10 MATTEO BERRETTINI, NUMERO 4 D'ITALIA, NUMERO 54 ATP
La Spagna comanda, l’Italia sorprende, gli Stati Uniti arrancano, la Francia crolla e la Repubblica ceca (quasi) sparisce: sono questi i verdetti principali che emergono dal nostro Brand Ranking, ottenuto sommando le classifiche ATP dei primi tre giocatori di ciascun paese. Ebbene, la nota più lieta arriva proprio dagli azzurri.

Settantuno, questa è la cifra che si ottiene sommando i ranking di Fabio Fognini (13), Marco Cecchinato (20) e Andreas Seppi (38), i nostri tre giocatori meglio piazzati nella classifica di fine stagione. Con Matteo Berrettini (22 anni) numero 54 e in grande crescita. Un risultato (secondo posto assoluto) che non ottenevamo dai gloriosi tempi dei nostri personalissimi Fab Four, la fine degli anni Settanta, quattro decenni in cui anche solo azzardare traguardi così positivi era pura follia (l’ultima volta che abbiamo avuto due top 20 in classifica era il 28 maggio 1979, Barazzutti numero 16, Panatta numero 19. Ultima stagione chiusa con due top 20, il 1973). Invece adesso la volontà è addirittura di alzarla quell’asticella, anche se, almeno nella pausa invernale, è giusto godere di quanto ottenuto. E se Fognini ha pareggiato il suo best ranking facendo bene soprattutto nei tornei meno nobili, con qualche sconfitta evitabile nei Major (Vesely a Wimbledon, Millman allo US Open), l’ascesa di Marco Cecchinato è quanto di meno pronosticabile si potesse immaginare. Fermo a lungo per squalifica, con appiccicata l’etichetta di terraiolo puro e un obiettivo a inizio stagione di tornare semplicemente nella top 100 mondiale, ha raggiunto una semifinale Slam che mancava addirittura da Roland Garros 1978, quando la raggiunse un altro campione azzurro forse un po’ sottovalutato nei meriti, tecnici e agonistici, Corrado Barazzutti. Fognini e Cecchinato, due top 20 a fine anno, come solo Argentina, Croazia e Russia. Niente Spagna, niente Stati Uniti, niente Francia: chi ci avrebbe scommesso un penny? E dietro spinge Matteo Berrettini, che non avrà un tennis affascinante come Fognini ma una solidità (di tennis e di mente) che fa pensare che non sarebbe anomalo ritrovarlo dove stanno adesso i nostri due più forti. E se i nostri Next Gen sono ancora acerbi, alcuni fanno ben sperare, a partire da Jannik Sinner, per scendere fino ai più giovani, come Lorenzo Musetti e Luca Nardi.

In generale, non sorprende il primo posto della Spagna, se non per la solitudine di cui soffre Nadal nella top 10. Però ci son ben 11 spagnoli nella top 100. E poi, l’Argentina dei miracoli, col paese economicamente a pezzi ma capace di star sul podio, anche se piange l’ennesimo infortunio a Juan Martin del Potro e non ha giovani che garantiscano continuità. Giovani di cui gode invece la Russia, che aspettava Andrey Rublev e si ritrova Karen Khachanov alle porte della top 10. Una garanzia, quasi quanto Sascha Zverev per la sua Germania. Più indietro, va sottolineata la crescita dell’India, unica della nostra top 20 a non aver un giocatore tra i Primi Cento del mondo, ma con tre giocatori che possono ambire a tagliare quel traguardo, a conferma che la trasferta di Calcutta del prossimo febbraio nella Piqué Cup, è tutt’altro che scontata.
Il nostro Nation Ranking, ottenuto sommando la classifica ATP dei primi tre giocatori di ciascuna nazione, un numero che riteniamo di giusto equilibrio tra qualità e quantità, ideale per valutare il movimento tennistico di un paese. Inoltre, abbiamo aggiunto il ranking del decimo giocatore meglio classificato e il numero di top 100. La classifica utilizzata è quella del 19 novembre, post-Masters e indicata come year-end ranking dall’ATP.
NOT!
È indubbio che si sia trattato di una stagione straordinaria per il tennis azzurro, soprattutto se paragonata alle abitudini degli ultimi quarant’anni. Nel 1998 avevamo raggiunto la finale di Coppa Davis, peraltro sfruttando qualche episodio favorevole (soprattutto una squadra americana che si presentò senza i suoi migliori effettivi, per dirla come i commentatori del calcio), ma non avevamo certo due top 20, né qualcuno in grado di arrivare in semifinale Slam e soprattutto senza un futuro prossimo così promettente. Gaudenzi, Pozzi, Sanguinetti e Nargiso non valevano i nostri migliori giocatori attuali, per rendimento e obiettivi nel breve e medio termine. Infatti, quel risultato non ha partorito fuoriclasse. Ora, bisogna che lo stesso non riaccada.

Ricordo Leonardo Caperchi, uno dei tanti coach di grande valore che abbiamo ceduto alla concorrenza straniera (ha curato la crescita di Fognini fino al professionismo, ora lavora da qualche anno all’accademia di Rick Macci in Florida) dirmi che in Italia «anche solo pronunciare le parole Top Ten come obiettivo per un giocatore è una bestemmia. Non ci crede nessuno e invece è possibile». Si riferiva, con una certa modestia, proprio a quel Fognini che ha così tanto contribuito a formare. E aveva ragione. Ora invece bisogna crederci, anzi, i Primi Dieci del mondo devono diventare un obiettivo preciso. È il salto di qualità che viene chiesto ai nostri top players, difficile ma meno impossibile di un successo Slam. Nelle donne non avevamo mai avuto una top 10 (almeno da quando le classifiche sono stilate da un computer), poi ci è riuscita nell’agosto del 2009 Flavia Pennetta e, da quel momento, l’hanno imitata Francesca Schiavone, Sara Errani e Roberta Vinci. Non si pretende altrettanto, ma almeno sfatare il tabù della top 10, un traguardo che avrebbe un significato storico non indifferente e che forse cambierebbe anche la mentalità dei più giovani.

Tra le note negative, sicuramente gli Stati Uniti che non trovano ricambi a John Isner, altro che a Sampras e Agassi. E poi il crollo di due potenze del tennis da tanti anni a questa parte: la Francia, che chiude la stagione senza un top 20 e deve affidarsi ai vecchi Richard Gasquet, Gael Monfils e Gilles Simon per non sprofondare ancora più giù. E poi la Repubblica Ceca, per anni miracolosa nello sfornare campioni senza mezzi finanziari pari a quelli di tante altre nazioni e che continua ad avere come numero uno quel Tomas Berdych che non gioca dallo scorso luglio, è scivolato al numero 71 ATP ed è in odore di ritiro. E per adesso non si vedono giovani fenomeni in arrivo. Senza infamia e senza lode l’ottavo posto dell’Australia, che invece può aggrapparsi a qualche giovane speranza, come Alex De Minaur, forse il giocatore che ha compiuto i maggiori progressi tecnici nell’anno. In attesa di sapere se Nick Kyrgios ha voglia di diventare un fenomeno del tennis o continuerà a preferire videogame e basket.
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