di Stefano Semeraro - 07 May 2020

Seppi d'America: "Se il lockdown dura ancora un po' sono pronto per Master Chef"

Da Boulder, Colorado, Andreas Seppi ci parla della sua nuova vita familiare a tre e dei progetti a medio e lungo termine. Raccogliere la palle da solo in campo, incordarsi le racchette, tutte esperienze già provate. Per Andreas si può riprendere, basta solo un po' di buona volontà

L'isolamento a Boulder

Andreas Seppi fa perte del gruppo di Italiani d’America del tennis: ormai da tempo si è trasferito insieme alla moglie Michela a Boulder in Colorado, dove a fine febbraio è nata la piccola Liv. A Sarasota, in Florida, vive Paolo Lorenzi, e sempre in Florida, ma a Boca Raton, è per il momento ‘confinato’ Matteo Berrettini.

Andreas, voi ‘espatriati’ vi tenete in contatto?

«Sì, ci sentiamo e ci scriviamo. A febbraio Matteo voleva venire qui in Colorado a sciare con Ayla, purtroppo il giorno dopo hanno chiuso gli impianti e non se ne è fatto nulla».

Da Caldaro a Boulder, sempre montagne. E ti tocca spalare la neve…

«Sì, qui ce n’è davvero tanta. Abitiamo a 2500 metri, ancora a fine marzo c’è stata una nevicata da mezzo metro. Quindi mi sono dovuto dare parecchio da fare».

Come vedi la situazione da lassù?

«L’America è molto grande, ogni stato ha regole diverse. A New York, in California e nello stato di Washington la situazione è molto grave, qui a Boulder i casi sono pochissimi. I negozi sono chiusi, come i palazzetti e i centri sportivi, ma si può circolare senza limitazioni, non è come in Italia».

Riesci ad allenarti?

«Fino a domenica scorsa erano rimasti chiusi i campi pubblici, io sono riuscito a giocare due volte alla settimana su un campo privato insieme a un mio amico. Usavamo sei palle: su tre avevo scritto la S di Seppi e con le mani toccavo solo quelle. Ora forse riuscirò ad andare in un circolo qui vicino, ma allenarsi tutti i giorni non avrebbe neanche senso, visto che nessuno sa se e quando si riprenderà».

"Gli Internazionali li giocherei ovunque. Abbiamo tutti voglia di riprendere"

Tu che idea ti sei fatto?

«C’è chi dice che per quest’anno è impossibile, chi che già ad agosto a porte chiuse si ricomincerà. Impossibile capirlo. Ed è davvero frustrante. Recuperare tutti i tornei è impossibile, già sarebbe molto riuscire a giocare quelli importanti».

Si parla addirittura di una edizione indoor degli Internazionali d’Italia, a Milano o a Torino: pro o contro?

«Per me qualsiasi soluzione andrebbe bene. Certo, non sarebbe più la terra battuta a cui siamo abituati. Ma abbiamo tutti voglia di giocare, e penso che la gente guarderebbe il torneo anche se fosse su erba…».

Da veterano ti preoccupa una pausa così lunga?

«Be’, ho 36 anni, a questa età perdere un anno non è il massimo. Per un over 35 ricominciare sarà diverso che per un ventenne, l’importante è tenersi in movimento, senza esagerare».

Tanti tennisti papà dicono di voler continuare per farsi vedere dai figli.

«Mia figlia ha due mesi, quindi dovrei continuare almeno per 3-4 anni: un progetto abbastanza impegnativo, anche se sarebbe bellissimo. Di sicuro se smetterò non sarà perché mi è passata la voglia, ma perché il fisico non ce la fa più o la classifica scende troppo».

Che obiettivi ti sei messo per la ripresa?

«Continuare a giocare bene. Prima dello stop ero arrivato in finale all’Atp 250 di New York. Il ranking non è il massimo (n.88, ndr) ma mi consente di entrare in tabellone negli Slam, e considerato che avevo tanti punti in scadenza a inizio anno va bene così».

"Ho già giocato senza raccattapalle, nessun problema"

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