Zverev-Ferrero: frecciate piene di veleno

A una settimana dalla separazione, Alexander Zverev e Juan Carlos Ferrero danno le rispettive versioni dei fatti su una separazione che non è stata troppo amichevole: “È stato irrispettoso, mettendo in mezzo altri membri del team” dice il tedesco. “Gli avevo solo chiesto di essere più puntale” replica lo spagnolo. Zverev smentisce l'ingaggio di Becker.

Le bordate a mezzo stampa sono sempre più rare. Quella tra Alexander Zverev e Juan Carlos Ferrero non si può certo definire una faida, ma nell'epoca del politically correct fa quasi impressione assistere a un secco botta e risposta tra un giocatore e il suo ex allenatore. I fatti: l'ex n.1 ATP era entrato nel team del tedesco la scorsa estate e sembrava essersi creato un buon feeling, subito confermato dai risultati: vittoria a Washington, vittoria a Montreal (peraltro in finale contro Roger Federer). Il sodalizio si è interrotto la scorsa settimana e i due non se le sono mandate a dire. Il primo a parlare è stato Zverev, che ha definito “irrispettoso” il comportamento di Ferrero. Da Acapulco, ha spiegato che i due non hanno mai avuto particolari difficoltà, bensì un “litigio” dopo l'Australian Open (dove Zverev ha deluso, crollando alla distanza contro Hyeon Chung). “Ma non c'erano problemi, riguardava soltanto noi due. Però una delle discussioni ha coinvolto il resto del team. C'è stato un momento in cui Ferrero è stato irrispettoso nei confronti di tutti, allora ho dovuto mettere fine al nostro rapporto professionale”. Secondo Zverev, il suo ex coach viene da una scuola troppo diversa dalla sua. “È cresciuto in Spagna, dove c'è il culto dell'allenatore. Quando il coach dice 'silenzio' devi ammutolirti per due ore. Per uno con la mia personalità, è molto difficile”. A Zverev, evidentemente, non erano andate giù le affermazioni di Ferrero sul sito dell'ATP. Vista la fonte non certo giornalistica, anzi, sindacale, leggere che “c'era stato un disaccordo su come affrontare certi aspetti fuori dal campo per migliorare la professionalità” deve averlo innervosito. In questo momento, il team Zverev è lo stesso tranne Ferrero. Papà Alexander Sr. È tornato ad essere il coach principale, senza dimenticare la vicinanza della madre e del fratello Mischa.

"ARRIVAVA IN RITARDO AGLI ALLENAMENTI"
​Già che c'era, ha smentito una possibile collaborazione con Boris Becker: “È stato un grande malinteso. Boris è il responsabile del settore maschile del tennis tedesco. Lo vedrete negli Slam, ovviamente ci sarà in Davis ed è sempre il benvenuto. Può venire a ogni mia partita e sarà sempre ben accolto, ma non sarà il mio allenatore”. La faccenda Zverev-Ferrero, tuttavia, si è arricchita di un altro capitolo: dopo aver letto le parole di Zverev, il valenciano (che dirige un'accademia a Villena, nei pressi di Alicante) ha voluto dare la sua versione dei fatti, ricordando quali erano gli accordi iniziali. “Sin dal primo giorno gli ho chiesto il rispetto del team. Tra le varie cose, gli avevo chiesto di essere un po' più puntuale. Non sta bene arrivare ogni volta agli allenamenti con 20-30 minuti di ritardo. Gli ho detto che un po' di disciplina in più gli sarebbe servita per migliorare tennisticamente”. Ripensando a questi otto mesi, JCF ha ottimi ricordi degli inizi. “Nei primi mesi è stato più disciplinato e rispettoso. Ma quando ha preso confidenza, ha smesso di rispettare i punti che avevo segnalato al principio”. Tuttavia, Ferrero si dice riconoscente per aver potuto allenare uno dei migliori giocatori del tour. “Posso dire di avergli dato una mano nel vincere i suoi primi due Masters 1000: durante Roma l'ho consigliato telefonicamente, poi ero presente a Montreal e anche a Washington. Per me è stata una grande gioia. Inoltre lo ringrazio perché, fino a poco tempo fa, aveva detto pubblicamente che sono un gran lavoratore. È quello che mi hanno insegnato fin da piccolo: lavoro, disciplina, umiltà e rispetto per gli altri”. Ferrero non lo dice, ma è chiaro che il comportamento di Zverev lo ha deluso. E così, Becker o non Becker, la carriera di Sascha riparte senza una guida. E difficilmente i suoi prossimi coach arriveranno dalla Spagna, dove – a suo dire – c'è quel “culto” dei coach che proprio non gli va giù.

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