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Marco Caldara
30 September 2017

Le nuove destinazioni della "Fly with Caro"

Primo titolo di spessore per Caroline Garcia, che batte Ashleigh Barty in rimonta e si aggiudica il Premier Five di Wuhan. La discussa scelta di dire addio a nazionale e Mladenovic per concentrarsi sul singolare sta pagando: da lunedì sarà fra le prime 15 del mondo, ma può salire ancora.
Le scelte più importanti sono spesso le più difficili da prendere, ma ciò che conta è guardare avanti e crederci, senza soffermarsi sulle possibili conseguenze. Caroline Garcia l’ha fatto benissimo, ottenendo proprio i risultati sperati. Sentiva di poter dare molto di più di quanto fatto fino a qualche mese fa, ma aveva bisogno di sgombrare la mente da impegni e distrazioni, per potersi concentrare sempre e solo sul singolare. Così, dopo la finale del 2016 in Fed Cup ha comunicato alla FFT che quest’anno non avrebbe giocato in nazionale, e qualche mese dopo ha chiuso anche la fruttuosa collaborazione per i tornei di doppio con Kristina Mladenovic. Due decisioni che le sono costate polemiche, un’amicizia e un po’ di tempo per smaltirle, tanto da vincere appena una decina di match nei primi cinque mesi dell’anno. Ma poi ha svoltato, prendendo sul serio quel volo che simula dopo ogni vittoria, e la stessa Francia che a novembre la criticava oggi gioisce con lei per il 6-7 7-6 6-2 imposto ad Ashleigh Barty nella finale del Dongfeng Motor Wuhan Open, che ha spedito nella sua bacheca il titolo più importante colto da una francese da quando Marion Bartoli trionfò a Wimbledon, quattro anni e mezzo fa. Il sito WTA ha definito il torneo della 23enne di Saint-Germain-en-Laye una “Cinderella week”, una settimana da Cenerentola, perché capita molto raramente che a vincere un Premier Five sia una giocatrice non compresa fra le teste di serie. Ma quando si va in campo la classifica conta zero, e le partite vanno vinte con tennis, gambe e nervi. Tre cose che in Cina ha fatto funzionare meglio di chiunque altra.
L’AIUTO DEL DOPPIO
Per me non conta chi c’è dall’altra parte della rete – aveva detto nel corso della settimana –, l’unica cosa importante è provare a finire un match meglio di come l’ho iniziato”. L’ha fatto benissimo al primo turno, battendo in rimonta una Angelique Kerber sempre più lontana dai fasti del 2016 (dodici mesi fa era numero uno, oggi è numero dodici!) e poi ha continuato a crescere giorno dopo giorno, con servizio e diritto tirati a lucido. Che il suo tennis valga abbondantemente la top-10 si è sempre saputo, ma il circuito mondiale è pieno di giocatrici (e giocatori) dai mezzi eccellenti non sempre – o quasi mai – sfruttati a dovere. Con il titolo a Wuhan vuole mandare un messaggio: sta provando a uscire dalla categoria per dar finalmente fondo tutto il suo potenziale. È sulla strada giusta, anche se dovrà lavorare ancora sulla tenuta mentale, troppo ballerina anche in una finale che l’ha vista tante volte a un passo dalla sconfitta e altrettante sul punto di crollare, mentre la Barty faceva quasi tutto meglio. Ma se ha vinto lei un motivo c’è, da trovare nella capacità di restare aggrappata ai punti importanti, malgrado giocasse per il titolo più prezioso in carriera. Come ci è riuscita? Anche grazie all’esperienza accumulata col doppio. Si torna lì, al percorso con la Mladenovic, che le ha fruttato un Roland Garros e tanti altri traguardi. Se giocato ad alti livelli, il doppio non serve solo ad allenare gioco di volo, risposta e alcuni schemi, ma anche l’abitudine a giocare bene i punti pesanti, quelli che fanno la differenza tra titoli di spessore e trofei del secondo posto. È un’ottima doppista anche la Barty, ma a lei è mancato qualcosa. Ha servito per il match sul 5-4 del secondo, poi sul 6-5, ma non ha chiuso e senza accorgersi si è lasciata strappare il match dalle mani.
“MAI SMETTERE DI PROVARCI”
Dopo il 7-6 Garcia del secondo set l’epilogo sembrava fin troppo scontato, e infatti la francese ha impiegato poco per allungare, scappando via già nel terzo game. E quando è stato il momento di chiudere, lei non ha tremato, sdraiandosi sul cemento e poi correndo ad abbracciare papà Louis Paul, un tipo non sempre visto di buon occhio (pare ci sia lui dietro ad alcune scelte) ma capace di portare la figlia sempre più in alto, fino alle prime 15 della classifica, fra le quali “Caro” avrà per la prima volta un posto il prossimo lunedì. Proprio mentre la Mladenovic raccoglie i cocci di una stagione potenzialmente di grande spessore andata in frantumi con otto sconfitte di fila. “Dopo aver vinto una battaglia di 2 ore e 45 minuti – ha spiegato la Garcia durante la premiazione – mi viene difficile raccontare come mi sento, ma vincere un titolo è sempre qualcosa di speciale. Per me non fa troppa differenza la categoria del torneo (per il conto in banca sì, visto che incasserà poco meno di 500.000 dollari), le emozioni sono sempre le stesse. Sono felicissima per il titolo e fiera della mia settimana, e di come me lo sono andata a prendere. A volte mi viene difficile tenere lo stesso livello per più incontri, mentre stavolta ce l’ho fatta alla grande. Magari qualche mese fa, o qualche settimana fa, dopo aver perso quel primo set (era in vantaggio per 5-3, ndr) non avrei trovato la forza per restare nel match e rimontare. Ma nel tennis c’è sempre da lottare fino alla fine, anche se non trovi una soluzioni devi continuare a provarci. Non è mai finita fin quando non è finita. Ho corso, ho lottato e ce l’ho fatta”. Finalmente, verrebbe da aggiungere. Con l’augurio che non sia un punto d’arrivo. Il suo tennis merita ancora moltissimo.

WTA PREMIER FIVE WUHAN – Finale
Caroline Garcia (FRA) b. Ashleigh Barty (AUS) 6-7 7-6 6-2
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