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Marco Caldara
15 April 2017

È la Pasqua di Francesca

Infinita Francesca Schiavone: a quasi 37 anni agguanta l’ottavo titolo in carriera, conquistando il Claro Open Colsanitas di Bogotà. In finale la “leonessa” dà sfoggio a tutte le sue qualità: tecniche, tattiche, ma anche umane. Prima lotta come una dannata per tenere in piedi il match, e dopo il successo va a consolare Lara Arruabarrena, in lacrime per il KO. L’ennesima pagina di una carriera di emozioni.
Lei è passione, sacrificio, lavoro”. Il miglior omaggio possibile a Francesca Schiavone l’ha fatto direttamente Lara Arruabarrena, subito dopo aver lasciato qualche lacrima sulla terra del “Campo Central” del WTA di Bogotà, e subito prima di vedere la “leonessa” alzare al cielo l’ottavo titolo WTA di una carriera che ha conosciuto la sua data di scadenza, ma continua a giocare con le emozioni. A volte positive, altre negative, l’importante è che ci siano. È il bello di essere un fenomeno che col tempo ha imparato a farsi amare da tutti, in ogni angolo del mondo, per un modo di vivere il tennis molto particolare, emotivo, divertente. Un amore sbocciato definitivamente col titolo del 2010 al Roland Garros e poi transitato da tante piccole Parigi, l’ultima ai 2.640 metri d’altitudine della capitale colombiana, dove Francesca ha deciso di tornare la Schiavone, col suo stile di gioco unico e uno spirito combattivo che racchiude l’essenza dell’amore e del rispetto per lo sport che l’ha resa grande. Quel vizio irrinunciabile anche a quasi 37 anni, con qualche capello bianco e un fisico che non sempre la assiste, quella voglia di nutrirsi di brividi ed emozioni, di competizioni, di vittorie, che l’ha spinta ad andare avanti anche con la classifica a tre cifre, dopo il record di Slam consecutivi sfumati, quando per lei sembrava non esserci più nemmeno un piccolo spazio. Hanno avuto dubbi in tanti, tantissimi, ma lei no. “Quando lavori duramente, i risultati arrivano. Presto o tardi, ma arrivano”, raccontava soltanto venerdì al sito della WTA, ed eccola accontentata, con un assolo che più inatteso non si poteva. Si è presentata al Claro Open Colsanitas senza coach e senza aver ancora vinto un incontro di tabellone principale in tutto il 2017, ma gli organizzatori l’hanno comunque accolta con una wild card sul tavolo e lei ha ricambiato l’omaggio con cinque match diversi. Alcuni stupendi, altri meno, alcuni facili, altri difficili, ma tutti con il medesimo epilogo, fino a un’altra finale portata a casa, la settima delle ultime otto, proprio da lei che un tempo sembrava incapace di vincerle, tanto da perderne otto prima di conquistare il suo primo titolo. Altri tempi.
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QUALITÀ, PERSONALITÀ, CUORE INFINITO
È impossibile restare impassibili di fronte a un match della Schiavone: la sua voglia di vincere si respira, passa attraverso la tv, diventa contagiosa. Anche quando il servizio funziona meno dei giorni precedenti, il rovescio va in tilt all’inizio del secondo set e per evitare il terzo deve aggrapparsi a estro, fantasia, personalità. In una parola: classe. Per chi ama il bel tennis il primo set è stata una poesia, pronta da imparare a memoria: serve&volley (anche sulla seconda), back, volèe, un sacco di tattica e la strategia perfetta, super aggressiva fin dall’inizio (3-0) e ancora di più quando sul 5-3 le palle cariche dell’avversaria hanno iniziato a far male, e il break conquistato in apertura è tornato indietro. Poco male: un game di risposta col piede sull’acceleratore e primo set in cassaforte. Nel secondo invece la qualità è scesa e sono aumentati gli errori, le difficoltà e anche le incertezze, con delle palle pronte a schizzare via appena sfiorate per via dell’altitudine e un’avversaria inavvicinabile al servizio. Ma è lì che la Schiavone ha costruito il suo capolavoro, rimanendo aggrappata alla partita come se fosse la più importante della sua vita, con una forza d’animo ammirevole. La sua partita dal 2-4 del secondo set sarebbe da portare come esempio nelle scuole tennis: ha affrontato un miliardo di difficoltà, le ha guardate in faccia e le ha risolte tutte. Da una palla del 5-2 pesante a tre set-point al servizio nel nono game, più un quarto nel decimo, sempre con soluzioni perfette e nessun regalo. E quando ha impattato sul 5-5 si è capito che il match non l’avrebbe più perso. Un messaggio arrivato anche nella metà campo della Arruabarrena: la 24enne di San Sebastian ha accusato il colpo, e insieme alla rimonta della Schiavone ha visto farsi sempre più fastidioso anche un fastidio alla coscia sinistra trattata nel secondo set. Nell’ultimo game non si muoveva quasi più, ed è un peccato. Ma chi conosce il tennis sa che sarebbe cambiato ben poco.
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UN REGALO CHIAMATO ROLAND GARROS
La spagnola la sua gloria colombiana se l’era già presa nel 2012, e avrà ancora parecchio tempo, anche perché grazie ad Alejo Mancisidor (il coach che ha portato in alto Garbine Muguruza) sta compiendo progressi importanti. Stavolta era il turno della Schiavone, terza italiana a trionfare a Bogotà dopo Pennetta (2005) e Vinci (2005). Lo scorso anno a Rio De Janeiro il post match-point si trasformò in un autentico show, mentre stavolta Francesca si è sdraiata sulla terra come a Parigi, ma poi ha fatto un tantino più fatica a lasciarsi andare, comprendendo il dolore (e le lacrime) dell’avversaria. Nell’attesa della premiazione è andata a sedersi accanto a lei, dando una bella lezione alle tante protagoniste di un circuito femminile dove la sportività viene spesso dimenticata, e alla fine le ha pure strappato un sorriso, come ne ha strappati tanti al 19enne colombiano Jorge Andrès Goenaga, uno degli sparring messi a disposizione dal torneo, incontrato alla vigilia e promosso a coach della settimana, con tanto di interventi in campo. Roba che soltanto la Schiavone sarebbe in grado di fare. Come tornare protagonista a 36 anni e 10 mesi, con una classifica che la vedeva fuori dalle prime 160 del mondo, ufficialmente senza la mezza speranza di acciuffare per l'ultima volta un posto in tabellone al suo amato Roland Garros. E invece, in extremis, ecco il colpo grosso che lunedì collocherà il suo nome al numero 104 del ranking: l’ultimo posto disponibile, nell’ultimo giorno disponibile. Quasi fosse tutto già deciso a tavolino. Probabilmente non è una bella notizia che sugli ultimi titoli italiani a livello WTA (71esimo e 72esimo all-time) ci sia la firma della più anziana delle nostre giocatrici, pronta a dire addio a fine anno. Ma questo a Francesca non interessa, non deve interessare. Mentre qualcuno dovrebbe (o avrebbe dovuto) ricordarsi di lei, lei può permettersi di pensare soltanto a sé stessa. E godersi una Pasqua più felice che mai. La sua.

WTA INTERNATIONAL BOGOTÀ – Finale
Francesca Schiavone (ITA) b. Lara Arruabarrena (ESP) 6-4 7-5

GLI HIGHLIGHTS DEL SUCCESSO DI FRANCESCA
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