Venus Williams, quell'incidente fa ancora male

Si accende un'aspra battaglia tra gli avvocati di Venus Williams e quelli della famiglia di Jerome Barson, l'uomo scomparso a seguito dell'incidente stradale dello scorso 9 giugno. L'accusa sostiene che Venus potrebbe essere stata distratta dal cellulare, lei chiede l'autopsia del cadavere: sospetta che l'uomo non avesse le cinture.

La finale a Wimbledon e i sorrisi durante l'esibizione di qualche giorno fa (ad Atlanta con Eugenie Bouchard) sembravano aver restituito serenità a Venus Williams. Lo scorso 9 giugno, l'americana è stata protagonista di un incidente stradale in cui ha perso la vita Jerome Barson, 78 anni. Invece continuano i colpi di scena: inizialmente si pensava che Venus fosse entrata nell'incrocio senza rispettare il semaforo rosso. Un filmato diffuso qualche settimana dopo, tuttavia, ha evidenziato come le manovre di Venus fossero regolari (per quando la "colpa" dell'incidente fosse sua, perché non aveva liberato in tempo l'incrocio: lei replica dicendo che si era fermata a causa del traffico intenso). A onor del vero, sembrava eccessiva la velocità con cui la Hyundai guidata dalla moglie di Barson ha tamponato il SUV della Venere Nera. A causa delle lesioni, Barson è deceduto un paio di settimane dopo. La vicenda sembrava chiusa sul piano legale, invece gli avvocati dei Barson continuano a dare battaglia. Ritengono che Venus Williams potesse avere il cellulare in mano al momento dell'impatto, dunque violando il codice della strada. Per averne certezza, hanno chiesto i tabulati telefonici. Tale richiesta è stata respinta, alimentando ulteriori sospetti di parte. Va detto, tuttavia, che il rapporto diffuso qualche settimana fa dalla polizia sembrava “scagionare” Venus: oltre a risultare negativa a qualsiasi test su alcol o sostanze stupefacenti, non esistono prove del fatto che avesse dispositivi elettronici che ne pregiudicassero l'attenzione. Come se non bastasse, il suo avvocato Robert Paradela ha presentato una trentina di petizioni.

TELEFONINO E CINTURA DI SICUREZZA
In particolare, chiede che venga disposta l'autopsia sul corpo di Barson (nella foto a sinistra, con la moglie Linda). Motivo? Capire se al momento dell'impatto indossava le cinture di sicurezza. Se non le avesse avute, il decesso potrebbe (anche) essere attribuibile alla negligenza. Va detto che, a fine giugno, la famiglia Barson aveva chiesto un sostanzioso risarcimento alla Williams per lo stesso motivo: negligenza. La richiesta non parlava di cifre, ma menzionava una serie di danni: la perdita della persona, la perdita di guadagni, la sofferenza umana e le spese mediche e funerarie. In tutta risposta, Venus ha optato per un atteggiamento processuale piuttosto aggressivo, chiedendo una serie di documenti: non solo l'autopsia, ma anche il certificato di morte di Barson, certificato di matrimonio, dichiarazioni dei redditi degli ultimi cinque anni, polizze vita e polizze assicurative. Senza dimenticare un elenco di tutti i medici a cui Barson si era rivolto negli ultimi dieci anni. Gli avvocati dei Barson ritengono che dal filmato si possa intuire che Venus abbia portato la mano sinistra verso il viso negli attimi prima dell'incidente. Per questo, ipotizzano che stesse parlando al telefono o magari scrivendo un messaggio al momento dell'impatto. Il diniego dei tabulati ha reso molto aspra la vicenda, convincendo i Barson a chiedere un'ulteriore serie di documenti: il conto telefonico di Venus nel mese di giugno, i farmaci presi nelle 72 ore precedenti all'impatto, il titolo e la registrazione della sua Toyota Sequoia, nonché il suo registro di guida negli ultimi sette anni. Insomma, una tragedia umana sembra essere diventata una questione di principio.

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