Marco Caldara
04 September 2017

Perdere bene? Si può. Lorenzi docet

Lo Us Open 2017 resterà il torneo della squalifica di Fognini, ma anche degli ottavi di Lorenzi. Dopo due set senza storia, al toscano basta un piccolo spiraglio per aprire il match contro Kevin Anderson, fino a far sognare l’impresa. Ma il sudafricano è di un’altra categoria. Raggiunta la seconda settimana in uno Slam, quale sarà il prossimo traguardo di Lorenzi?
Quando può, fa. Quando non può, prova comunque. Se non fa, vuol dire che non poteva. È la legge non scritta della carriera di Paolo Lorenzi, uno dei pochi che possono permettersi di uscire sempre dal campo a testa alta. Le prova tutte in ogni singolo incontro, dal primo all’ultimo punto, rendendo spesso molto sottile il confine fra vittoria e sconfitta. Come nel suo splendido Us Open 2017: il sogno quarti di finale è sfumato contro il gigante Kevin Anderson, che l’ha spuntata per 6-4 6-3 6-7 6-3 sul cemento del Louis Armstrong provvisorio (in attesa del nuovo in arrivo nel 2018, e dotato di tetto retrattile), ma per il pubblico italiano ha vinto anche “Paolino”, capace di tenere gli appassionati incollati alla tv fino a quando a New York e il sole era già tramontato, e nel Belpaese l’orologio segnava le 2.17. Magari se in campo ci fosse stato un altro azzurro sarebbero andati a letto, ma per Lorenzi hanno resistito in tanti, anche solo per rendere un omaggio simbolico al suo torneo meraviglioso. E lui ha ripagato rendendo possibile un match impossibile, contro un avversario di un altra categoria, che i quarti a New York li aveva già raggiunti due anni fa e senza la moria dei grandi, battendo Andy Murray e conquistando di lì a poco la top-10. Poi è arrivata una serie di infortuni e il sudafricano ha detto addio in fretta ai primi dieci, ma sul cemento americano può fare grandi cose, e vista la situazione della parte bassa del tabellone non sarebbe una sorpresa vederlo arrivare fino in fondo. Eppure, Lorenzi l’ha tenuto in campo tre ore, scombussolandogli i piani funzionati a meraviglia per i primi due set e mezzo, addormentati con un servizio da 30-0 immediato in ogni game di battuta, e un diritto tirato a lucido per l’occasione più importante della sua carriera. Paolo era lì, a ruota, ma il suo servizio (per quanto migliorato tantissimo) non è quello di Anderson, è andato in tilt una volta per set e tanto è bastato a dare il 2-0 al 31enne di Johannesburg.
UNA SOLA CHANCE FA SCATTARE UN NUOVO MATCH
Lorenzi sapeva di avere qualche chance solamente nello scambio prolungato, ma il problema era prolungarlo, quel maledetto scambio. Anderson ha un solo schema: serve il più forte possibile e cerca di fare il punto col diritto, magari nel minor tempo possibile. Ma se funziona può bastargli per diventare letale. Sparava tutto, spesso dentro alle righe, e fino al sesto game del terzo set ha lasciato solamente sei punti in risposta, in undici turni di battuta. Ma Lorenzi è rimasto al varco, ha continuato a provarci, a crederci, a sperare in una chance che poteva non arrivare mai, o che Anderson gli avrebbe magari polverizzato con un ace, ridendo dei suoi sforzi dall’alto dei suoi 203 centimetri. Invece è arrivata sul 3-2 ed è stata subito quella buona. Con un paio di miracoli il toscano si è preso la prima palla-break dell’incontro e se l’è giocata da campione: risposta nei piedi di Anderson (che aveva seguito a rete il servizio), passante di diritto, 4-2 e primo break del torneo (!) inflitto al sudafricano, che aveva chiuso col servizio immacolato contro Aragone, Gulbis e Coric. Un break utilissimo non tanto nel punteggio, visto che Anderson l’ha recuperato immediatamente e con otto punti di fila è tornato a condurre sul 5-4, quanto per instillare i primi dubbi nella mente del sudafricano, e permettere a Lorenzi di dare al match un volto nuovo, impensabile solo qualche minuto prima. Il toscano ha iniziato a rispondere con più frequenza, a trovare le soluzioni per allungare gli scambi, e ne ha raccolto i frutti in un tie-break al contrario. È salito 5-2, poi ha perso due punti di fila al servizio ma ha sistemato le cose vincendone due in risposta, e obbligando il rivale a un quarto set del quale avrebbe fatto volentieri a meno.
RIMPIANTO POSITIVO
Anderson sapeva che più il match si allungava e più le chance di Lorenzi crescevano, e quando con un doppio fallo gli ha regalato il 3-2 e servizio, la possibile impresa si è trasformata in qualcosa di più che un sogno. Ma proprio nel momento peggiore Lorenzi è tornato a litigare con la prima di servizio, come per tutto il primo set, il break è tornato di nuovo indietro e Anderson ha mostrato la stoffa dell’ex top-10. Ha capito che era il momento di dare il tutto per tutto, e ha tirato fuori una nuova versione di sé: non più quella servizio-e-bordate che da qualche minuto stava funzionando meno, ma una capace di vincere anche gli scambi lunghi. Non gli è bastata per andare a segno nell’ottavo game, perché Lorenzi è risalito da 0-40 con cinque punti di fila, ma l’ha fatto eccome nel decimo, quando i chilometri corsi da Lorenzi gli hanno chiesto il conto. Anderson ha vinto due punti in grande stile, l’azzurro gli ha accoppiato altrettanti errori e il suo Us Open è finito lì, fra il rimpianto per un match scappato via nel momento migliore, quando le tre ore erano a un passo e il servizio del rivale faceva sempre meno male, e la soddisfazione per averlo trascinato fino a quel punto. Di sicuro, Paolo ha ben poco da rimproverarsi. Nel torneo che resterà tristemente noto per la squalifica di Fabio Fognini, ha mostrato ancora una volta un atteggiamento agli antipodi, che malgrado meno tennis, meno fisico, meno genio e meno velocità, gli sta permettendo di ottenere spesso risultati migliori del numero uno d’Italia. Centrata la seconda settimana in uno Slam, ora si guarda più in alto. La top-30? La prima vittoria contro un Top-10 dopo 18 sconfitte? Un bel risultato in un Masters 1000? Tutto è possibile. Ormai è palese: non è più Paolo Lorenzi a sorprendere, siamo noi a sbagliare a stupirci. Da qui a Tokio 2020 succederà ancora.

US OPEN 2017 – Ottavi di finale uomini
Sam Querrey (USA) b. Mischa Zverev (GER) 6-2 6-2 6-1
Kevin Anderson (RSA) b. Paolo Lorenzi (ITA) 6-4 6-3 6-7 6-4
Pablo Carreno Busta (SPA) b. Denis Shapovalov (CAN) 7-6 7-6 7-6
Diego Schwartzman (ARG) b. Lucas Pouille (FRA) 7-6 7-5 2-6 6-2
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