Marco Caldara
11 September 2017

La ricetta di Nadal: non accontentarsi mai

PAROLA AL VINCITORE - "Continuo a pensare che ci sia qualcosa da migliorare, e mi alzo ogni mattina con la voglia di andare in campo per riuscirci", dice Nadal in conferenza stampa, riassumendo buona parte dei motivi che stanno alla base della sua rinascita. "In termini di risultati - dice - questa è una delle migliori stagioni della mia carriera".
A livello qualitativo resterà probabilmente lo Slam più facile di Rafael Nadal, che nel suo cammino verso il terzo titolo a New York non ha dovuto affrontare nemmeno un top-20, ma guai a dire che è il meno importante. Se gli altri big si sono eliminati da soli, prima del torneo o durante, quello non è colpa sua. Lui ha battuto chi si è trovato di fronte, spesso e volentieri dominando, e mostrando una volta di più come mai resterà una delle più grandi leggende della storia della racchetta. “Rafa” non arrivava ai quarti di finale a New York dal 2013, non aveva vinto nessuno degli ultimi 30 tornei disputati sul cemento, e fra Wimbledon, Montreal e Cincinnati il suo tennis aveva mostrato qualche piccola crepa in più rispetto alla prima metà della stagione. Ma appena il valore dell’occasione è triplicato, ha ritrovato in fretta il suo miglior tennis, zoppicando nei primi tre turni ma poi inserendo una marcia insostenibile per tutti. Questo Us Open si poteva giocare sul ghiaccio, o sull’acqua, o sulla luna, non avrebbe fatto differenza. Appena Nadal ha capito che la chance era di quelle da non lasciarsi scappare, ha deciso che il torneo l’avrebbe vinto lui. E così ha fatto, tirando fuori un tennis magnifico in finale. Anderson non gli ha creato particolari difficoltà, è vero. Ma anche o soprattutto perché lui ha fatto tutto (ma proprio tutto!) alla perfezione, come se fosse un banale primo turno. Alla vigilia dello Us Open c’era qualche dubbio sulla legittimità del suo numero uno, visto che – a parità di Masters 1000: due ciascuno – Federer aveva vinto uno Slam in più. Ma ora che anche il conto dei Major stagionali è in parità (non era mai capitato che ne vincessero due a testa) le perplessità sono svanite. Nadal merita a piene mani la vetta del ranking ATP, e a Federer servirà un miracolo per scippargliela entro la fine dell’anno.

Di seguito le dichiarazioni più interessanti della conferenza stampa del maiorchino:

“Sono davvero felice, sono state due settimane splendide, durante le quali è cresciuto sia il livello del mio tennis sia la fiducia. Aver riconquistato il titolo dello Us Open per me significa molto, non c’era modo migliore per chiudere la stagione dei tornei del Grande Slam, dopo un’annata molto emozionante sotto tutti i punti di vista. Sono contento del mio tennis, di come ho gestito la pressione, e in generale del modo in cui ho giocato durante tutto il torneo. Anche quando ho giocato meno bene, lo spirito competitivo c’è sempre stato”.

“Non è vero che nel primo set ero calmo, anzi ero piuttosto nervoso, ma ho cercato di tenere un linguaggio del corpo molto positivo. Fare l’opposto è stupido, perché significa farsi del male da soli. Per tutta la mia carriera ho sempre cercato di tenere il giusto body language, anche perché è una delle cose che dipendono solamente da me, e non dall’avversario. Questo non era il giorno ideale per tenere un atteggiamento negativo, ma esattamente l’opposto. Sai già che giocando una finale di uno Slam c’è un po’ di nervosismo, e che probabilmente fallirai qualche palla-break. Ho mancato un paio di risposte, lui ha giocato bene, ma fa parte del gioco. Bisogna essere pronti ad accettare tutte le situazioni”.

“L’andamento della finale è stato un mix di tanti aspetti. Anderson ha provato a giocare un tennis aggressivo per tutto l’incontro. Io ho servito bene per tutto il match eccetto gli ultimi due game di battuta, quando è subentrato un po’ di nervosismo. Però credo di aver giocato un gran match, il match che dovevo giocare. Gli ho fatto colpire tante palle, ho provato ad allungare gli scambi, perché lui li preferisce corti. Più il punto si allunga e più lui si stanca, perché è più alto e non si muove bene come me. L’obiettivo era quello: sfruttare questa situazione a mio vantaggio, e l’ho fatto. È stato molto importante il primo set”.
“Lo scorso anno ero pronto per vincere il Roland Garros. Non posso dire che senza l’infortunio ce l’avrei fatta, perché è qualcosa di impossibile da prevedere, ma onestamente mi sentivo pronto per riuscirci. Quando arrivano gli infortuni sembra che la stagione diventi un disastro, ma il vero disastro sono stati gli infortuni stessi. A livello di tennis, da Indian Wells in poi, mi sentivo molto bene già nel 2016. Sicuramente non sarebbe stato facile, otto o nove mesi fa, immaginare che io e Federer avremmo vinto due tornei del Grande Slam a testa. Ma è successo, e dobbiamo ringraziare il cielo di aver avuto di nuovo questa opportunità. Credo di aver fatto le cose giuste, lavorando bene giorno dopo giorno. Continuo a credere che ci sia qualcosa da migliorare, e mi alzo ogni mattina con la voglia di andare in campo per riuscirci. Probabilmente è per questo che ho ancora la possibilità di competere a questo livello e fare così bene”.

“Per me è senza dubbio un anno speciale. Dopo un 2014 e un 2016 difficili a causa degli infortuni, e un 2015 complicato dal punto di vista mentale, è una bella emozione essere riuscito a tornare a questi livelli. Non posso fare altro che ringraziare tutte le persone che mi stanno accanto. Ho un grande team e una grande famiglia, che mi supportano e credono in me. Sono di grande aiuto. Senza di loro non sarebbe impossibile, ma quasi”.

“Non ho mai pensato particolarmente al testa a testa con Federer nel totale dei titoli Slam, ne parleremo a fine carriera. Se avessi vinto due Slam e lui zero sarei più vicino, invece è passato un anno e il distacco è sempre di tre. Che non sono affatto pochi. Però non ci penso, vado avanti per la mia strada. Sono felice di come sta andando. Ho vinto di nuovo un grande torneo sul cemento, mi dà un sacco di energia positiva. E poi fisicamente sto bene. Se la salute c’è, e c’è la possibilità di allenarsi come si deve, tutto cambia. Ho 31 anni, non più 25, ma ho ancora tanta voglia di competere. Fino a quando sarà così, ci sarò. Quando un giorno non sarà più così, inizierò a fare altro”.

La mia rivalità con Federer è stata importante per il nostro sport, perché ha avvicinato al tennis tante persone, attratte dal contrasto fra i nostri stili di gioco e il nostro carattere. E poi sono tanti anni che combattiamo per i titoli più importanti: un bello spot per il tennis. Il nostro rapporto è anche sempre stato molto rispettoso, e di amicizia. Sono contento di essere parte di questa rivalità, ma nella mia carriera ne ho avute anche altre. Per esempio, ho giocato più spesso contro Djokovic. Viviamo in un’epoca sportiva in cui tre giocatori hanno vinto uno 19 Slam, uno 16 e uno 12. Sono tantissimi, questo è un periodo importantissimo nella storia del nostro sport”.

“Credo che in termini di risultati questa sia sicuramente una delle migliori stagioni della mia vita. Ho vinto tanti titoli, ho giocato tre finali Slam e nel quarto ho perso 15-13 al quinto set il match che mi avrebbe portato nei quarti di finale. Sulla terra ho vinto quasi tutti gli incontri: sin qui è stata una stagione molto emozionante, anche perché nel 2016 ho dovuto superare alcuni momenti difficili dovuti agli infortuni. Ho accettato tutte le sfide che la mia carriera mi ha presentato, senza particolari alti e bassi. Fa parte del mio carattere: non mi sono mai abbattuto nei momenti negativi, e non mi esalto troppo in quelli positivi. Sono una persona normale. Quando le cose vanno bene, è giusto stare tranquilli e cercare comunque un modo per migliorarsi ancora. Quando vanno male, invece, bisogna continuare a lavorare per farle andare meglio”.
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