“Una pensione anche per noi”

A Indian Wells, un gruppo di tenniste degli anni '70/'80 si è presentato negli uffici della WTA per chiedere l’accesso al piano pensionistico. Nato nel 1991, non comprende (ancora) le giocatrici dei 18 anni precedenti. Una falla che l'ATP ha risolto già tempo fa.
Il recente torneo di Indian Wells potrebbe non essere ricordato solo per le discussioni sulla parità di montepremi. Prima che sui tavoli della WTA arrivasse la bomba sessista sganciata da Ray Moore, dai loro uffici è passato un gruppo di ex campionesse del passato – fra le quali anche Billie Jean King –, a colloquio col CEO Steve Simon con un obiettivo preciso. Vogliono essere integrate nel piano pensionistico della WTA, il programma che dal 1991 garantisce una pensione alle giocatrici in grado di soddisfare certi criteri, ma ha escluso tutte quelle impegnate nel circuito prima della nascita del fondo. E mentre l’ATP ha lanciato il suo piano pensionistico nel 1980, e una decina d’anni dopo ha permesso l’accesso anche a quei giocatori che avevano raggiunto i requisiti dal 1972 (anno della nascita dell’associazione) in avanti, i cugini del femminile non sono ancora stati in grado in 25 anni di rendere retroattivo il sistema. Una disparità che, malgrado sia poco nota, pesa almeno quanto (se non di più) quella tanto dibattuta sui montepremi, ma della quale i vertici del circuito femminile non si sono mai occupati come dovrebbero. Inizialmente per mancanza di soldi, poi perché il problema pareva ormai caduto nel dimenticatoio. Ma a quanto pare non lo è affatto, ed è tornato più attuale che mai. Fra le portavoce del gruppo, due delle più attive sono l’oggi 67enne Rosie Casals, statunitense vincitrice di 12 Slam di doppio e misto fra il ’67 e l’82, e la meno nota connazionale Pam Teeguarden, che di Slam ne ha vinti tre negli Anni ‘70, sempre in doppio. Già in passato le due avevano provato a mettersi in contatto con varie colleghe per iniziare a ragionare sull’argomento, ma il tentativo era franato di fronte all’assenza degli attuali canali comunicativi. “La differenza l’hanno fatta i social media”, ha detto la seconda, che a ottobre ha iniziato attraverso Facebook a rintracciare tutte le giocatrici dell’epoca. “In appena tre giorni circa 150 persone sono arrivate a partecipare alla conversazione, ed eccoci qui”.
 
“200/250 GIOCATRICI MERITANO LA PENSIONE”
Per la prima volta sembrerebbe che le pensioni possano arrivare sul serio. Nell’ultimo quarto di secolo il tennis femminile è cresciuto a dismisura, grazie a giocatrici come Graf, Seles, le Williams e la Sharapova, e grazie a introiti pubblicitari e contratti televisivi la WTA ha raggiunto una posizione molto significativa. È giunto il momento di provarci, e pare che Steve Simon ci stia lavorando sul serio. “Sarebbe già dovuto essere fatto in passato – ha detto la Casals, che ha abbandonato il circuito nell’88 per dedicarsi al marketing sportivo – ma siamo ancora in tempo per risolvere il problema. Se la WTA vuole fare una cosa simile, ha tutti i mezzi per riuscirci. La nuova generazione di giocatrici non deve preoccuparsi per il proprio futuro, e io credo che questo sia anche merito delle tenniste che in passato hanno fatto conoscere il tennis in tutto il mondo. Quindi sarebbe giusto che anche noi beneficiassimo del piano pensionistico. Anche con delle cifre piccole, ma è corretto che ci vengano riconosciute”. Le ex giocatrici hanno iniziato a lavorare sui dettagli del possibile piano, e anche le se proposte vere e proprie non sono state rese pubbliche, da un primo calcolo approssimativo pare che le giocatrici in grado di raggiungere i requisiti necessari nei 18 anni “scoperti” (la WTA è nata nel 1973, il piano pensionistico nel ‘91) dovrebbero essere fra le 200 e le 250, a seconda di quanto i criteri saranno restrittivi. “Non ci aspettiamo grandi somme – ha detto la Teeguarden, che alla soglia dei 65 anni lavora come insegnante –, e sappiamo che questa pensione non cambierà la nostra vita. Ma crediamo che sia qualcosa di corretto per tutte le giocatrici come noi”. Al tavolo rotondo anche JoAnne Russell, vincitrice del doppio a Wimbledon nel ’77. “Io sono fortunata, perché mio padre mi ha aiutato a mettere da parte dei soldi sin dai primi montepremi incassati, ma non per tutte è così. Per molte giocatrici del passato, 500$ al mese possono essere una cifra importantissima. Per non dire 1000$”. Per altre, invece, conteranno molto meno. Ma saranno ugualmente meritati. E in questo caso è l’unica cosa importante.


 
IL PIANO PENSIONISTICO DELLA WTA
L’iter attuale per poter accedere al piano pensionistico della WTA, spiegato nelle oltre 400 pagine del Rulebook della WTA, è il seguente: innanzitutto bisogna essere “Full member”, categoria che comprende tutte le giocatrici che hanno chiuso la stagione precedente fra le prime 150 in singolare o 50 in doppio, e hanno disputato almeno sei tornei del circuito maggiore – inclusi gli Slam, ma non i WTA 125 – in uno dei due anni precedenti. Una volta raggiunto questo status, è necessaria almeno una stagione con 12 tornei di singolare o 10 di doppio per guadagnare l’eleggibilità per il piano pensionistico, e poi cinque anni - anche non consecutivi - di “servizio” (con almeno sei tornei di singolare e cinque di doppio) per accedervi a tutti gli effetti. A quel punto, quando una giocatrice arriva a rispettare tutti questi parametri, è sicura che dal 50esimo anno d’età, con cadenza mensile, riceverà la pensione per i successivi 20 anni. 
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