EROI PER CASO
A Biel, sede del Centro Tecnico di Swiss Tennis, abbiamo assistito a una specie di fiaba. A giocarsi il punto decisivo, sul 2-2, sono stati il numero 1094 e 1211 del ranking ATP. Gente che fa le qualificazioni nei tornei Futures, non aveva mai giocato in Davis e non aveva mai annusato il profumo dei tre set su cinque. Per entrambi, è stata l'occasione di scrivere una paginetta di storia tennistica del loro paese. Alla fine l'ha spuntata Mridha, facendo commuovere il suo capitano Johan Hedsberg, che lo segue sin da quando aveva 12 anni. Per non parlare di Lleyton Hewitt, uno dei più fieri oppositori della riforma. Ormai ritiratosi e capitano dell'Australia, non resiste alla tentazione di mettersi ancora in campo e sabato è stato quasi commovente, insieme a John Peers, nel battere una coppia molto forte come quella austriaca. Il suo spirito ha coinvolto Alex De Minaur, che dopo una pessima prestazione nella prima giornata ha giocato un match gagliardo contro Dominic Thiem. Ha perso in quattro set, lasciando spazio all'Austria, ma contro il numero 2 sulla terra battuta non avrebbe potuto fare di meglio. O vogliamo parlare del pubblico argentino, che nel match contro la Colombia ha affollato l'Estadio Aldo Cantoni di San Juan, coinvolgendo la squadra dei quattro capitani fino a una danza collettiva a fine match, in cui – tra tamburi e trombette – hanno cantato tutti insieme Oid Mortales, l'inno argentino che qualche anno fa aveva fatto piangere di commozione David Nalbandian prima della finale contro la Spagna. Abbiamo visto il ritiro di una leggenda come Daniel Nestor: a 46 anni, e con mille esperienze alle spalle, ha scelto proprio la Davis per salutare il tennis. E poi, tante piccole storie rese ancora più speciali dal pubblico, numeroso più o meno ovunque e testimonianza di come la Davis – così com'è – non rischia affatto di morire, come sostengono alcuni (tra cui il presidente della federtennis spagnola Miguel Diaz).