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Tsitsipas, Rublev e quelle regole senza feedback

Mentre Tsitsipas e Rublev si prendono le prime due vittorie, si sa ben poco sui feedback sulle nuove regole ricevuti lo scorso anno dall'ATP, da parte di giocatori, fans e media. Svanito l'effetto novità, pare diffusa l'idea che le potenziali modifiche al punteggio debbano restare confinate a un evento sui generis.
MILANO – “Hai visto che sono vestiti coordinati?”, chiede una bambina alla vicina di posto, come lei griffata Tennis Club Triestino sulla t-shirt. “Pure quelli di prima”, replica l’amica. Ha ragione: tra le tante regole innovative pensate per il tennis del futuro ne manca una che imponga ai giocatori, quando avversari, di non indossare completi identici. Altrimenti capita come nei due match inaugurali delle Next Gen ATP Finals: prima vanno in campo Stefanos Tsitsipas e Jaume Munar, entrambi griffati adidas, con t-shirt grigia e pantaloncini rossi. Poi tocca ad Andrey Rublev e Taylor Fritz, arancio e rosso il primo, idem il secondo, grazie a Nike. Non esattamente l’ideale per il pubblico che siede in tribuna, e già deve stare attento a non distrarsi troppo, perché un set può decidersi (davvero) nell’arco di un minuto. Quanto basta, per esempio, per dare una sbirciata a Twitter e notare un sondaggio home made proposto ai propri follower da Sara Errani, al lavoro a Valencia con coach Pablo Lozano per preparare l’ennesimo ritorno nel circuito, in programma – teoricamente – a metà febbraio. La domanda è semplice: cosa ne pensate delle nuove regole? Una richiesta che anche la stessa ATP, lo scorso anno, ha proposto a spettatori, media e giocatori, attraverso un questionario online del quale però, a oggi, i risultati sono rimasti in incognito. Le risposte al tweet dell’azzurra fanno suonare tutte le campane: si passa da “vanno bene” a “baracconata”, ma mettere d’accordo tutti, si sa, è semplicemente impossibile.
BALLBOYS, NON (PIÙ) SCHIAVI
Non è d’accordo su tutto nemmeno Stefanos Tsitsipas, prima testa di serie e primo vincitore, grazie al goffo serve&smash largo di Munar sul quarto match-point, in un duello meno banale del previsto. Il greco boccia il coaching e definisce la sua prima esperienza col (potenziale) futuro come “stressful”, ovvero stressante, difficile, perché – spiega – subire un break è più semplice e quindi è necessario non distrarsi mai, nemmeno un secondo. Mentre Tsitsipas finisce la sua conferenza stampa, per buona parte incentrata sul tema dell’asciugamano che i raccattapalle non sono più invitati a portare a destra e a manca (ottimo per loro, che tornano ballboys e non tuttofare al servizio dei giocatori-padroni), Andrey Rublev riesce a rimettere in piedi il suo match contro Taylor Fritz, giocato così così ma portato a casa al quinto set, in poco meno di due ore. Il russo, unico presente in entrambe le prime due edizioni, è andato sotto due set a uno, ma poi fra quarto e quinto ha ceduto solo otto punti al servizio, su un campo rapido che ne esalta le qualità. Ma soprattutto ha fatto presente agli spettatori, tanti ma non troppi, che sarà anche sceso in classifica rispetto a quando arrivò in finale dodici mesi fa, ma il motivo non è certo un’involuzione del suo tennis. Tutt’altro: sa ancora tirare winner da ogni singolo centimetro del campo, e in meno rispetto a Khachanov e Medvedev, i connazionali entrati fra i primi 20 del mondo nelle ultime settimane, ha solo un anno sulla carta d’identità. Infortuni permettendo arriverà presto anche lui, per restare a lungo.
SVANITO L’EFFETTO NOVITÀ?
I cinque tie-break giocati nei primi nove set di torneo dicono che l’obiettivo dell’ATP è raggiunto: gli short set rendono il gioco più avvincente, tutti i punti contano, e il “sono ancora 2-2” si è trasformato in “sono già 2-2”, che vuol dire che il momento caldo è alle porte. Tuttavia, resta da capire se la gente preferisce così, oppure continua a vedere meglio il tennis alla vecchia maniera, già maltrattato fra Coppa Davis e tie-break al quinto set sempre più presente. In generale, pare diffusa l’idea che le proposte innovative in termini di punteggio debbano rimanere confinate a un evento unico nel suo genere, senza sbarcare, almeno in toto, nel circuito maggiore. Tuttavia, l’idea che sia qualcosa da non rivedere fra i grandissimi, rischia di togliere fascino anche a un evento che ha il suo perché. O almeno è ciò che sembrerebbe evidenziare l’atmosfera freddina che ha accompagnato sia i primissimi incontri sia l’avvicinamento al torneo, segnato dal pesantissimo forfait di Shapovalov, il giovane preferito dal pubblico di tutto il mondo. Lo scorso anno l’entusiasmo dei ragazzini era quasi tutto per lui e il suo rovescio, e oltre a sapere di bocciatura per il format Next Gen Finals (ce lo vedete un giocatore a rinunciare alle ATP Finals vere e proprie perché stanco?) la sua rinuncia ha tolto al torneo un enorme motivo d’interesse. In più, malgrado ATP e Federazione Italiana Tennis (organizzatrice dell’evento) abbiano fatto e continuino a fare un gran lavoro di promozione e comunicazione, la quasi totale assenza di copertura da parte dei quotidiani internazionali non è un buon segno. Come se, svanito l’effetto novità del 2017, l’interesse stia già scemando. Sarebbe un vero peccato.
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