Statistiche web

Dalla depressione alla gioia, nel segno di Federer

Vittima di un'impressionante serie di infortuni, Thanasi Kokkinakis era piombato in una spirale molto simile alla depressione. “Non potevo fare quello che mi ha riempito la vita, non pensavo fosse giusto”. Ma Roger Federer gli ha dato una mano, invitandolo ad allenarsi con lui. Lo ha ringraziato... battendolo!

Thanasi Kokkinakis non aveva mai giocato contro un numero 1 del mondo. E non aveva mai affrontato Roger Federer in una partita ufficiale. L'impresa di ieri al Miami Open, dunque, è un risultato che ne può segnare la carriera. L'australiano è ancora giovanissimo, ma ha già percorso sentieri spinosi. Un'impressionante serie di infortuni gli ha impedito di giocare per quasi due anni, consentendogli di riprendere con continuità soltanto a metà dell'anno scorso. Per questa ragione, il Miami Open 2018 può rappresentare un nuovo inizio. “Tutto questo è una follia, una settimana irreale per me – ha detto dopo il successo su Federer – io e lui ci siamo allenati insieme molte volte, è un modello per il nostro sport. Ogni volta che me lo trovo davanti imparo qualcosa di nuovo. Sono riuscito a evitare che il punteggio fosse una fonte di pressione per me”. C'era stato equilibrio sin dai primi punti, ma gli è bastato perdere un game da 40-15 per cedere rapidamente il primo set. “Federer è un giocatore diverso dagli altri, per questo ci vuole più tempo per adattarsi”. Tuttavia, nonostante il tifo del pubblico (tutto per Federer) e una situazione di svantaggio, ha continuato a cercare il suo miglior tennis e non ha mai tremato nel terzo, quando ha dovuto annullare un paio di palle break ed è stato quasi perfetto nel tie-break. “Quando mi sento libero e posso sviluppare il mio gioco, non credo che molti siano in grado frenarmi – ha detto in un impeto d'orgoglio – avevo soltanto bisogno di trovare il mio gioco ed essere aggressivo”. La prova del nove non sarà delle più semplici: è atteso da Fernando Verdasco, avversario esperto, che gli proporrà tematiche tattiche ben diverse. Kokkinakis ha poi rivelato un aneddoto: “Prima del match, uno dei ragazzi nello spogliatoio mi ha chiesto quale sarebbe stato il mio obiettivo per questa partita. Sinceramente, il mio obiettivo non cambia: io scendo in campo soltanto per vincere. Non puoi scendere in campo pensando di intascare un paio di giochi, non è l'atteggiamento giusto”.

L'AIUTO DI FEDERER
Kokkinakis ne ha vissute di tutti i colori: nel 2015, ancora teenager, era salito al numero 69 ATP, in linea con i migliori ragazzi della Next Gen: non a caso, la stessa ATP lo aveva spesso utilizzato per clip promozionali sulla neonata iniziativa. Ma poi è successo di tutto: già sofferente alla schiena, è stato bloccato per oltre un anno da un'operazione alla spalla. In tutto il 2016, ha giocato un solo match, alle Olimpiadi. L'anno scorso aveva provato a rientrare in Australia, ma ha potuto giocare soltanto il doppio a Brisbane (peraltro vincendolo). Gli è successo di tutto: problemi addominali e persino all'inguine, dove è stato vittima di un tipico infortunio da calciatore, poiché aveva esagerato durante la preparazione. La voglia di tornare lo aveva beffato. A Brisbane è stato vittima di un altro infortunio muscolare e ha dovuto aspettare fino a maggio, al torneo di Lione, per riprendere l'attività in singolare. Tra quelli che gli sono stati più vicini nei momenti difficili, proprio Roger Federer. Lo svizzero lo aveva già accolto a Dubai durante la preparazione per il 2015, poi si sono ritrovati la scorsa primavera. “Ho cercato di prendere più informazioni possibili da Roger – diceva a suo tempo – ho avuto tanti infortuni, quindi devo gestire con attenzione il mio corpo. E lui è un maestro nel gestire il fisico”. Passare un po' di tempo con Federer è stato fondamentale per un ragazzo che ha vissuto momenti difficili, di profonda frustrazione. È andato vicino alla depressione, poiché non poteva fare quello che ha riempito la sua vita sin da quando aveva 12 anni. Mentre passava ore a guardare lo sport in TV (poco tennis, ma soprattutto basket e arti marziali) e a giocare ai videogiochi, faticava a trovare serenità. “Non pensavo di meritare così tanta sfortuna. Ci sono stati momenti in cui ero veramente giù, ero depresso perché non potevo fare ciò che amo”. Non si è mai arreso, dando sempre la priorità al recupero fisico piuttosto che ad altre attività come lo studio, nonostante i genitori spingessero in questo senso. Vedendolo battere Roger Federer su uno dei campi più importanti del tour, papà Trevor e mamma Voula avranno capito che stavolta aveva ragione lui. E adesso il cielo si è finalmente schiarito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA