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Sonego: «Con Berrettini l'appuntamento è a Torino per le Finals del 2021»

Il torinese è stato il Terzo Uomo del nostro tennis nel 2019, ma ora punta più in alto. Dopo l'ingresso fra i top 50, la vittoria ad Antalya, i quarti a Monte-Carlo e i complimenti di Federer, il sogno è fare bene a Wimbledon e confermare la classifica continuando a migliorare, anche grazie al lavoro con il videoanalist Danilo Pizzorno. E con l'amico Matteo il rendez-vous è già in calendario.

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Foto Ray Giubilo

Metti una mattina a Doha, all’ombra degli alberi del Khalifa Complex, in compagnia di Lorenzo Sonego e Gipo Arbino. Per fare quattro chiacchiere sulla stagione che si è conclusa a novembre e che ha visto ‘Sonny’ vincere il suo primo Atp ad Antalya, raggiungere i quarti al Masters 1000 di Monte-Carlo ed entrare fra primi 50 del mondo, il Terzo Uomo del nostro tennis alle spalle di Fabio Fognini e Matteo Berrettini.

Lorenzo, dove ti sei divertito di più nel 2019?

«Rispetto ai Challenger, a cui ero abituato, sono stati tutti bei tornei. Ho giocato dei Masters 1000,e a Monte-Carlo ho avuto la fortuna di arrivare ai quarti, quindi scelgo quello».

Poi c’è stato il match con Federer al Roland Garros: come si affronta una leggenda?

«Mi sono sforzato di trattarlo come un avversario qualsiasi. Però poi entri in campo, vedi che il pubblico è tutto per lui e la sua presenza la ‘senti’, eccome. Devi essere bravo a dimenticartene in fretta e pensare solo a quello che devi fare tu. Negli ultimi due set, anche se ho perso, ci sono riuscito»

Tanto che Federer ti ha fatto i complimenti. Tecnicamente qual è l’aspetto più difficile?

«E’ Incredibile come cambia sempre ritmo. Non gioca un colpo uguale all’altro, tra fuori soluzioni speciali ad ogni punto, così non capisci mai cosa fare. Ti manda in confusione».

Foto Ray Giubilo

Dal 2019 invece cosa hai imparato?

«Ogni partita mi è servita per fare esperienza, e capire dove migliorare. Nel rovescio, ad esempio: ci ho lavorato tanto nella preparazione; e alla risposta, perché sto troppo indietro. Con il mio videoanalist Danilo Pizzorno poi ho curato la precisione al servizio, e devo anche irrobustirmi. Ma la cosa principale è l’atteggiamento mentale: a questo livello nessuno ti regala niente»

Il 2020 sarà l’anno dei giovani o i Patriarchi non molleranno la presa?

«Molti stanno facendo risultati importanti: Medvedev, Tsitsipas, Zverev. Però per me i tre grandi terranno ancora. Bisognerà aspettare il 2021. Personalmente non mi dispiace averli ancora come avversari, è uno stimolo in più».

A parte Sonego: chi sarà la sorpresa della stagione?

«Vedo bene Shapovalov. E Kyrgios, che mi sembra più inquadrato che in passato»

Tu che traguardo ti sei messo?

«Rrimanere fra i top-50, fare esperienza. Rispetto agli altri mi mancano tante partite. Vorrei giocare bene a Wimbledon, è il torneo che ho sognato fin da bambino».

Foto Ray Giubilo

Di Matteo sei molto amico, tennisticamente siete cresciuti insieme. Dove vi siete dati appuntamento?

«Be’, lui l’anno scorso è partito proprio qui da Doha con una classifica che è più o meno la mia attuale (n.51, ndr), spero di ripetere una stagione come la sua. Diciamo che l’appuntamento è per le Atp Finals a Torino nel 2021».

La tua Torino è pronta ad ospitarle?

«Sì, ne sono sicuro. Saranno un successo, come le Olimpiadi del 2006»

La Davis è una priorità?

«Giocare per l’Italia è fantastico, a me poi piacciono gli sport di squadra, quindi la sento anche più di un torneo singolo. A Madrid l’ambiente era ottimo, la nuova formula invece non mi ha fatto impazzire, specie per gli orari. Però è positivo avere tutte le squadre insieme».

In Atp Cup non hai giocato: perché?

«Ero iscritto, ma mi sono tolto (quando non si sapeva del ritiro di Berrettini, ndr). Sarei stato il numero 3 e non avrei avuto spazio, preferivo venire qui e giocare. Come gara non mi dispiace, ma c’è tanto squilibrio fra squadre che hanno solo un tennista di qualità e altre che ne hanno tre o quattro»

Che Matteo era così forte quando l’hai capito?

«A inizio anno. Ci ho giocato a Phoenix, l’ho visto molto centrato mentalmente. Da lì a entrare nei primi 10 la strada era lunga, gli avversari sono tanti e forti; Matteo però ha mostrato una continuità incredibile, ed è quella che conta. E’ veramente forte».

Sinner ti ha impressionata? Nel 2020 è partito con il piede sbagliato.

«Non vuole dire niente, era la prima partita, arrivava dalla preparazione E’ molto forte, per me è destinato ai primi 10».

E Sonego quanto vale?

«Per adesso la mia classifica.… Ma a un certo livello il ranking conta relativamente. Puoi vincere con tutti e perdere con tutti, dipende tanto dalla giornata e dall’avversario».

Foto Ray Giubilo

Ci parli del Lori privato?

«Sono un tipo tranquillo. Esco con gli amici, mi rilasso, non faccio pazzie. E passo molto tempo con la mia fidanzata, Alice, che studia per diventare nutrizionista».

Quindi ti tiene a stecchetto…

«No, ma cucina bene e sano, non mi fa mangiare schifezze. Il mio piatto preferito sono le lasagne».

Eri una promessa delle giovanili del Torino: perché hai scelto il tennis?

«L’ambiente del calcio non faceva per me. Troppi litigi, anche fra i genitori. Non tanta correttezza. Io amo un clima più sereno, per questo ho preferito l tennis».

Che calciatore eri?

«Tecnico, ma piccolo: giocavo sulla fascia, e mi buttavano sempre giù. Il mio idolo era Ronaldinho, perché sorrideva sempre».

Il Toro ce la fa ad arrivare in Europa League?

«Perché no? Napoli, Milan, Cagliari non mi sembrano fortissime. Lo seguo come posso, sul telefonino, in giro per il mondo, ma allo stadio non riesco ad andare. Nel 2020 è partito bene con la doppietta del ‘Gallo’ alla Roma, ma quando pensi che arrivi il risultato, non arriva, e viceversa. E’ nel dna del Toro».

Facciamo insieme l’11 del tennis mondiale? Partiamo dal modulo…

«Direi 4-3-3, In porta Herbert, che copre bene la rete… terzini, Thiem e De Minaur, che corrono tanto. Al centro una ‘bestia’ come Kyrgios e Isner, che è bello alto…».

Due metri e 7, di testa chi lo batte. A centrocampo?

«Federer. E uno di grinta, alla Gattuso: Nadal. Poi un fantasista come Dimitrov. In attacco Berrettini, che è grosso e quindi va bene da prima punta. Sulla fascia io che gli pennello i cross…».

Seconda punta?

« Djokovic: uno così come si fa a tenerlo in panchina?»

Allenatore?

«Ovviamente il mio coach Gipo Arbino».

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