Gli Slam perduti

Mai nella storia dello sport si era vissuto un periodo di stallo come questo, solo le guerre mondiali avevano imposto caselle vuote negli albi d’oro. 5 gli assi caduti nei due conflitti: Wilding, Parker e O’Hara Wood nel primo, Henkel e Hunt nel secondo

 Il Centre Court di Wimbledon squarciato da cinque bombe tedesche durante l’incursione aerea dell’11 ottobre 1940.

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Il tennis non ha avuto alternative e, come il resto dello sport, si è fermato per la pandemia da coronavirus. Tutto, di questi tempi, è surreale: i campioni sono al palo, il calendario annullato almeno fino a fine luglio, le classifiche congelate e tornei che evaporano o si riposizionano nel calendario da settembre in avanti: come il colpo di coda del Roland Garros che ha annunciato lo svolgimento dal 20 settembre al 4 ottobre, a una settimana esatta dalla conclusione dell’Open degli Stati Uniti. Non è la prima volta che Parigi cerca un calendario più fertile. Era accaduto anche quando la federazione francese aveva deciso di rimettere in piedi il torneo alla conclusione della Seconda guerra mondiale. Non pensando di fare in tempo per maggio, il torneo del 1946 e anche quello del 1947 furono giocati nelle due settimane centrali di luglio, proprio dopo la conclusione di Wimbledon per poi tornare dal 1948 nella sua posizione classica. Ma torniamo al tema centrale.

Mai nella storia della racchetta si era vissuto un periodo del genere e solo le guerre mondiali avevano imposto caselle vuote in albi d’oro radicati nel tempo.

La Prima guerra mondiale aveva imposto lo stop a tre edizioni dei campionati d’Australia (dal 1916 al 1918), a cinque edizioni dei campionati di Francia (dal 1915 al 1919) che non erano ancora il Roland Garros e non erano aperti a tennisti stranieri se non tesserati per club francesi. A Wimbledon invece si persero quattro edizioni (dal 1915 al 1918), mentre lo scoppio della Grande guerra non interruppe i campionati degli Stati Uniti, nemmeno dopo l’entrata in guerra degli Usa nel 1917; anzi, nel 1915 fu abbandonata la sede di Newport e inaugurata quella storica di Forest Hills che fu la casa del torneo (con la sola eccezione di Filadelfia) fino a tutto il 1977.

Furono tre i vincitori Slam a perdere la vita durante il primo conflitto mondiale. Il più famoso di tutti fu il leggendario Tony Wilding, un divo reduce da quattro successi consecutivi a Wimbledon e da due vittorie in due partecipazioni ai Campionati d’Australia.

Il 9 maggio 1915 il capitano Anthony Frederick Wilding, 31 anni neozelandese, morì da eroe in trincea a Neuve-Chapelle, nel nord della Francia, impegnato con gli alleati a contrastare l’avanzata tedesca. Senza la guerra Tony Wilding avrebbe continuato a fare man bassa di tornei ed è molto probabile che sarebbe diventato il primo tennista di sempre ad andare in doppio cifra Slam. Wilding aveva un dritto molto potente, che era solito tirare con una bella dose di top-spin, e un rovescio molto sicuro che lo rendeva assai completo. Fisicamente era insuperabile e poi aveva un carattere molto tenace che lo portò a dominare il tennis e a diventare il primo tennista di sempre a vincere due prove del Grand Slam per almeno due volte.

Oltre a Wilding morirono in combattimento anche gli australiani Ernie Parker e Arthur O’Hara Wood. Parker morì a 34 anni il 2 maggio 1918 a Caestre in Francia, a 27 km dalla trincea dove era deceduto Wilding. O’Hara Wood invece morì a 28 anni sempre in Francia, il 16 ottobre 1918. Quel giorno era al comando di un aereo della Royal Air Force che venne abbattuto dal nemico sopra i cieli di Saint Quentin, a meno di 100 km in linea d’aria da dove erano morti i suoi due colleghi tennisti.

Stesso discorso per la Seconda guerra Mondiale. I Campionati d’Australia si giocarono regolarmente fino al 1940, ma non dal 1941 al 1945, anni in cui avrebbero potuto fare sfaceli gli australiani John Bromwich e Adrian Quist, ottimi singolaristi, ma passati alla storia anche per essere stati una delle più forti coppie di doppio della storia.

Bromwich, classe 1918, aveva un tennis poco ortodosso, ma era dotato di un talento sopraffino. Era un mancino naturale, ma serviva con la destra. I colpi dal fondo invece li eseguiva con la sinistra e il rovescio addirittura a due mani. Con questo curioso repertorio di colpi, Bromwich riusciva a giocare di fino, preferendo sempre il tocco alla potenza. Solo il servizio e lo smash, un tantino innaturali, furono l’handicap di un tennis peraltro mirabile che l’ha fatto diventare uno dei migliori doppisti di tutti i tempi e un signor giocatore di singolare. Quist invece era piccolo di statura, ma era un funambolo, saltellava da una parte all’altra del campo con piena disinvoltura, sapeva giocare bene le volée basse e riusciva a ribaltare situazioni di gioco che sembravano compromesse.

Il Roland Garros e Wimbledon invece si fermarono per 6 edizioni, dal 1940 al 1945 compreso. Nessuna sospensione invece per Forest Hills che ebbe come mattatori Bobby Riggs e Frank Parker. Riggs non aveva un grande servizio, ma era forte su ogni superficie, era molto rapido negli spostamenti e madre natura l’aveva dotato di uno straordinario senso dell’anticipo. Ma soprattutto sapeva leggere lo svolgimento delle partite meglio di chiunque altro, dote che lo aveva reso formidabile sotto il profilo tattico. Parker, senza avere grandi colpi - solo il rovescio era all’altezza della situazione - e in particolare con un dritto insufficiente ad alto livello, può essere tranquillamente considerato uno dei tennisti più intelligenti di tutti i tempi. Talmente scaltro e furbo di chiudere la carriera con addirittura 4 titoli dello Slam: 2 consecutivi al Roland Garros e 2 di fila a Forest Hills. Ma c’è di più perché Parker, numero 1 del mondo nel 1948, fu classificato per 17 anni di fila, dal 1933 al 1949, tra i primi 10 tennisti del ranking americano. Tutto merito di un fisico indistruttibile e di una longevità atletica che nel 1968, quando aveva 52 anni, gli permise di giocare la prima edizione dell’Open degli Stati Uniti perdendo al secondo turno per 6-3 6-2 6-2 dal futuro vincitore Arthur Ashe.

A perire nel secondo conflitto mondiale furono due campioni Slam. Il primo fu il tedesco Henner Henkel, campione a Parigi nel 1937. Henkel morì a soli 27 anni il 13 gennaio 1943 durante la battaglia di Stalingrado, la famosa spedizione senza ritorno voluta da Hitler per conquistare la Russia. Il secondo fu Joseph Hunt, campione a Forest Hills nel 1943. Nessuno sa, veramente, come andarono le cose in quel maledetto 2 febbraio 1945, sopra i cieli di Daytona Beach in Florida. Hunt era al comando del suo velivolo in una missione di addestramento al combattimento aereo quando a un certo punto, a 10 mila piedi d’altezza, perse il controllo del suo Grummar Hellcat che si avvitò su se stesso inabissandosi a 19 miglia dalle coste della Florida.

Cosa ne sarà del resto della stagione 2020, nessuno ancora può dirlo. E’ certo che la crisi economica globale avrà ripercussioni per molto tempo e i tornei medio-piccoli avranno enormi difficoltà a reperire il budget necessario per mettere in scena lo spettacolo tennistico tanto atteso. L’Atp e le federazioni più importanti dovranno mettersi al tavolo per salvare i restanti Slam della stagione e forse qualche Masters 1000, compresi gli Internazionali d’Italia che quest’anno festeggiano (o non festeggiano) i 90 anni di vita. La data di maggio è saltata, rimane l’autunno e due ipotesi. L’ottobrata romana o spostare tutto a Milano, indoor, magari anche su due location per smaltire il corposo numero d’incontri (Il Forum di Assago e un secondo impianto) per salvare capre, cavoli e un fatturato che a regime supera abbondantemente 10 milioni d’euro.

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