L’approdo mancato di capitan Djokovic

Il fuoriclasse serbo è arrivato ad un passo dalla storia, dal mitologico Grande Slam raggiunto solo da Rod Laver e Don Budge. Si è arreso solo a Medvedev in finale a New York ma la sua "annata Slam" rimane incredibile.

Foto Ray Giubilo

Solo lui avrebbe potuto riuscirci! I 28 match necessari al compimento del grande poker richiedono continuità tecnica, fisica e mentale idonea a manovrare lungo un percorso ricco di imprevisti. E in lui c’erano tutti i numeri per arrivare alla meta. Senza exploit ma seguendo il filo logico di una navigazione da gestire tra vento e bonaccia, sole e tempesta, chiamato ogni volta alla scelta più giusta da fare. Capitan Djokovic c’era quasi riuscito salpando da Melbourne un lontano febbraio 2021 per approdare a New York verso fine estate dopo aver toccato gli approdi primaverili di Parigi e Wimbledon.

Una rotta ricca di perigli. Poteva naufragare già in terra d’Australia contro Taylor Fritz dopo che una brutta scivolata negli ottavi gli aveva procurato forti dolori addominali. “ Ho pensato anche di ritirarmi “, avrebbe detto dopo il match, “ ….poi gli antinfiammatori hanno iniziato a fare effetto…” L’aveva spuntata al quinto rimanendo disperatamente attaccato al punteggio. “ Un match che ricorderò a lungo”, aveva aggiunto chiudendo la questione. Quindi era passato sopra Zverev e subito dopo alla rivelazione Karastev prima di presentare il conto finale a un Medvedev in grande spolvero. Tre set nudi e crudi che Novak intasca senza fare una piega.

Quindi era partito alla volta di Parigi e sul rosso francese, aveva goduto del vento in poppa per almeno tre turni lasciando lungo la rotta la miseria di qualche game. In ottavi, accadeva l’imprevisto. Musetti lo bruciava in partenza scappando avanti due set per via di altrettanti Tie Break. Poteva essere la fine se il senso di sopravvivenza non avesse fatto il miracolo: Capitan Nole alzava velocità e profondità degli scambi, aggiungeva smorzate spezzagambe e uno tira l’altro non concedeva che un game a un avversario troppo provato fisicamente per tenergli testa. Vele spiegate fino in semi, dunque, dove Rafael Nadal faceva già guardia da un pericoloso scoglio. Il cannibale delle sabbie parigine, l’uomo invincibile del Bois de Boulogne, il tennista capace di 13 titoli strappati tra le righe del grande Chatrier fa suo il primo set. Il Djoker conosce il soggetto, lo prende di petto e manovrando a dovere finisce per aggirarlo in quattro set. Pericolo passato? Macché! In finale di nuovo tempesta allorché un giovane Tsitsipas strappa i primi due set deciso a far suo il titolo. Quando tutto sembra perduto, in Nole cala l’anima corsara e tenendo ferma la barra taglia le onde zigzagando qua e là fino a trovare un varco che lo tira dritto in darsena per fare bottino pieno e lasciare al greco nove games di quel che resta del match.

E’ qui che nei pensieri del navigato uomo di tennis inizia a far breccia l’idea del Grand Slam. Lui la persegue in silenzio senza alzare polvere, deviando domande troppo indiscrete. Preferisce lasciar parlare i fatti. Quelli che qualche settimana dopo lo vedono dominare sull’erba di Wimbledon lasciando al caso la miseria di due set, uno dei quali concesso a Berrettini in finale.

Il mare si ingrossa, gli animi si infervorano e tutto è rimandato all’ultimo attracco. Ma c’è l’Atlantico di mezzo e il corsaro pensa di andare dritto alla meta saltando Toronto e Cincinnati.

Nella grande mela non si parla d’altro! Sarà Grande Slam? Ci sarà un seguito a Donald Budge e Rod Laver?

Cercando di allontanare i clamori, il Capitano ripara in una villa del New Jersey. Frequenta Flushing Meadows il minimo indispensabile, quel che basta per intascare partita su partita fino alla semi. Qui non è proprio un imprevisto quello che gli si para davanti ma un pericoloso soggetto di quasi due metri che appena un mese prima gli aveva sbarrato la strada verso la medaglia olimpica. Nole getta alle spalle i cattivi pensieri e taglia il traguardo al quinto. Sembrerebbe fatta se oltre la rete non si profilasse Medvedev, un tipo da prendere con le molle, un’anima inquieta che starebbe bene in una poesia di Boudelaire.

Ma una volta in campo, il russo tutto fa meno che declamare rime. ….. ‘ Ora si riprende’, abbiamo pensato tutti alla fine del primo set vinto 6/4 dal nuovo Zar. Lo stesso pensiero l’avevamo replicato al termine del secondo concluso con lo stesso esito. Incensare eroi è benzina per lo sport e l’idea del Grande Poker che si allontana non piace neanche al grande pubblico. Ovazioni e cori gratificano il capitano ma pare proprio che Medvedev non senta ragione. Nole cambia maglia e il gesto sembra ringalluzzire tutti. Poi vince il suo servizio e si porta sul 4/5 al terzo. Il pubblico è in visibilio e vede nel serbo il solito gatto dalle mille vite. Ma russo va al servizio e non ha pietà. Si ferma soltanto quando batte l’ultimo punto e si getta a terra dalla gioia.

Pochi secondi durante i quali il capitano capisce che quel viaggio lungo. 28 match, 81 set vinti, 22 persi è arrivato alla fine. La prende da signore, dispensa belle parole. Poi getta un’ occhiata a Rod Laver nella quale tutti pensano di leggere anche un pensiero a Donald Budge.

Subito dopo avrà pensato che è tempo di tirare la nave in secca, procedere ai ritocchi e riprendere il viaggio a gennaio con tanta voglia di riscatto.

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