"Ma cosa vado a fare, rischio solo figuracce". L'avventura di Francesca Bentivoglio a Roma è iniziata così, tra mille pensieri e pochissime aspettative. Comprensibile a 16 anni. La faentina nel 1993 era la miglior promessa italiana, una delle più talentuose a livello mondiale: la federazione decide così di offrile una wild card per le qualificazioni degli Internazionali, nonostante si trovasse ampiamente fuori dalle prime 300 del ranking: "Sinceramente non ero nemmeno sicura di andare, anche perché mi sentivo totalmente fuori forma in quel periodo - racconta oggi a distanza di 27 anni -. In allenamento perdevo da chiunque, però dovevo onorare l'invito della federazione. Soprattutto grazie alla spinta del mio maestro (Omar Urbinati, ndr) accettai, quasi per obbligo".
Francesca, sulla carta, è le meno quotata anche nel tabellone cadetto. Per molti addetti ai lavori poteva definirsi comunque un discreto palcoscenico per farsi le ossa e abituarsi a calcare determinati campi: "Col passare dei giorni mi sono sciolta, presi in fretta confidenza con l'ambiente e superai a sorpresa le qualificazioni - prosegue -. Una belle iniezione di fiducia. Non mi ero montata la testa. Dopo le qualificazioni entrai veramente nell'ottica del torneo, pur continuando a non farmi grosse aspettative. Quell'aspetto fu fondamentale, la tensione altrimenti mi avrebbe mangiato". All'esordio nel tabellone principale un'olandese, Manon Bollegraf, anche top-30 qualche anno prima: "Non fu una gran lotta, vinsi piuttosto facilmente. Proprio lì capì che avevo ripreso totalmente la forma, è stata un'escalation, a partire dai primi allenamenti al mio arrivo a Roma". Il livello si alza al terzo turno. Il match con Jana Novotna è quello che Francesca ricorda più volentieri: "Anche ai tempi mi consideravo davvero umile - ribadisce -. Rimanendo con i piedi per terra mi ritrovai dall'altra parte della rete la numero nove del mondo sul centrale. I pronostici erano tutti contro di me, nessuno si aspettava la mia vittoria, forse nemmeno io. Quello doveva essere il mio ultimo turno". Il sogno però continua, finisce 7-5 7-6 a favore della beniamina di casa: "Una grande battaglia di testa", ricorda la romagnola.
"Anche con la Zvereva giocai alla grande, tre ore di lotta - enfatizza Francesca parlando degli ottavi - quella partita la vinsi quasi esclusivamente coi nervi. La feci piangere addirittura, non so esattamente il motivo, ma uscì dal campo in lacrime". Arriviamo ad uno dei momenti clou. I quarti contro Gabriela Sabatini, che poi si spingerà fino all'ultimo atto cedendo solamente a Conchita Martinez: "Contro di lei diedi tutto quello che avevo in corpo, non ho recriminazioni. Di solito, finito un torneo è normale avere rimpianti, non era il mio caso. Avevo concluso il match con la Zvereva a mezzanotte la sera prima. Non dormì quasi nulla, lei invece era molto più riposata". Sul punteggio di 1-0 a favore, Francesca avverte una sensazione strana: "Stavo quasi per svenire - ammette - dal secondo game mi iniziò a girare la testa dalla stanchezza. Solo per dignità restai in piedi. Quando le diedi la mano ci furono due sentimenti ambivalenti dentro di me: ero felicissima, ma anche triste per non essermela giocata come potevo. Che dispiacere essere stata così tanto limitata dal fisico!". Il cammino della giovane Bentivoglio termina con un pesante doppio 6-1.