Tamira Paszek voleva che si parlasse di lei soprattutto per il tennis. La sua vicenda, invece, è stata densa di episodi e situazioni che l'hanno fatta finire sulle pagine dei giornali. Per esempio, un'etnia indefinita: il padre è nato in Tanzania, cresciuto in Kenya e vissuto in Canada, mentre la madre si è trasferita dal Cila all'Austria, dove Tamira è nata il 6 dicembre 1990. Grande promessa, ha raccolto i primi risultati da giovanissima e il suo futuro tra le top-10 sembrava scritto, inciso su pietra. Nel 2008, ancora minorenne, vinse due grandi partite contro Jelena Jankovic e Ana Ivanovic, che all'epoca andavano per la maggiore. In particolare, il successo a Montreal contro la Ivanovic (allora n.1 WTA) è di quelli che segnano una carriera. “Indimenticabile: sessione serale, stadio pieno, grande atmosfera...in Canada la gente sa essere speciale”. Tamira è stata n.26 WTA, ma oggi il computer la colloca al numero 751, ferma ai box per un raro problema fisico: qualche mese fa le hanno diagnosticato la nevralgia trigeminale, un disordine cronico che attacca in nervi del volto. “Si tratta di un dolore acuto, come se qualcuno mi piantasse un coltello in faccia. Può colpire in tre punti: sopra l'occhio, verso guancia e naso, e intorno al mento. Io ho i primi due. E' come un dolore al dente, ma ancora più aggressivo”. All'inizio, l'austriaca non capiva cosa fosse. Poi, quando la faccenda è diventata cronica, soltanto esami approfonditi hanno evidenziato il problema. Il destino si è spesso preso gioco di Tamira Paszek: nel 2009 ha avuto guai alla schiena, nel 2013 si è strappata un muscolo degli adduttori, adesso deve fronteggiare uno stop che però non dovrebbe metterne a repentaglio la carriera. “Ma non è stato facile tenere la giusta motivazione – sospira – ogni volta che mi riportavo a ridosso delle top-100 succedeva qualcosa. Ad esempio, l'anno scorso mi sono fermata quattro volte a causa della sinusite. Ogni volta era un mese di stop. C'è voluto parecchio per capire cosa fosse, perché i medici mi prescrivevano antidolorifici, ma le cose andavano sempre peggio”. Il problema è che non si tratta di un infortunio “normale”, poiché obbliga a sospendere qualsiasi attività fisica.