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Riccardo Bisti
23 October 2018

Stavolta Annika Beck ha detto basta. Sul serio

Ad appena 24 anni, Annika Beck annuncia l'addio al tennis giocato. Ferma da un anno, a gennaio aveva smentito le voci di un possibile ritiro, mentre oggi ammette di voler privilegiare lo studio, pur avendo evitato di scrivere o pronunciare la parola “ritiro”. Ha vinto due titoli WTA ed è stata numero 37 del mondo.

Nel 2018, una ragazza di 24 anni non poteva che scegliere Twitter per comunicare la sua decisione. A un anno esatto dal suo ultimo match, una sconfitta contro Tatjana Maria al torneo ITF di Poitiers, Annika Beck ha alzato bandiera bianca. Non è più una giocatrice di tennis. Le voci su un possibile ritiro si erano alzate, forti e chiare, lo scorso gennaio. Era arrivata una frettolosa smentita, segno che c'era ancora qualche speranza. Stavolta è stata lei in persona a dare l'annuncio.

“Quattro anni fa ho vinto il mio primo titolo WTA a Lussemburgo – ha scritto la Beck – è stato uno dei momenti più importanti della mia carriera. Poi sono arrivate altre grandi esperienze, tra cui un altro titolo WTA, gli ottavi all'Australian Open, la partecipazione alle Olimpiadi e le vittorie con la nazionale tedesca. Purtroppo ho dovuto affrontare alcuni contrattempi dall'inizio del 2017. Da allora, ho trascorso del tempo ad ampliare i miei orizzonti e sono giunta alla conclusione che è il momento di dare nuove priorità alla mia vita. Ho iniziato a studiare, e mi piace molto. Come potete immaginare, questo richiede molto tempo e di conseguenza il mio approccio professionale al futuro è cambiato. Il tennis non è più così importante come prima, ma ovviamente il mio amore per il gioco è grande e lo resterà per sempre. A questo punto vorrei dire grazie a tutte le persone che mi hanno accompagnato in questo viaggio. Un ringraziamento speciale a tutti i fans, che mi hanno seguito nel corso di questi anni. Ci vediamo fuori e dentro il campo”.

QUELLA SVEGLIA ALLE 5.30 DEL MATTINO
Con un certa furbizia, la Beck è riuscita a non utilizzare la parola “ritiro”. Può sembrare una finezza linguistica, magari significa che vuole tenersi aperta uno spiraglio per il futuro. A 24 anni se lo può permettere: d'altra parte, la storia è piena di giocatrici che hanno cambiato idea o semplicemente priorità. Figlia di due professori di chimica, ha iniziato a studiare medicina presso l'Università di Colonia. Difficile capire quali siano le ragioni che l'hanno spinta a smettere: lo scorso gennaio, la “gola profonda” che fece uscire la notizia, il suo sparring partner Matthias Schramm, aveva parlato di non precisati motivi di salute, ma poi emerse che in quel periodo si stava allenando 3-4 volte a settimana sotto la guida di Randolf Fischer. In effetti, lei stessa twittò spiegando che stava cercando di tornare in piena forma. Forse c'è qualcosa che non vuole far sapere. Giusto rispettarla. Si conoscono, invece, i sacrifici che le avevano permesso di diventare una professionista. Appena capì di essere forte, ha dedicato la sua vita al tennis. Viveva a Bonn, ex capitale della Repubblica Federale Tedesca, e puntava la sveglia ogni mattina alle 5.30. Iniziava la giornata con mezz'ora di corsa, all'aperto oppure su un tapis roulant, nei mesi più freddi. Doccia, colazione, poi dritta a scuola (in pullman). Lezione fino alle 14, bella risposta a chi pensa che sia impossibile far convivere studi e attività sportiva. È certamente complicato, ci vogliono le condizioni e un sistema adeguato, ma non è impossibile.

OLTRE DUE MILIONI DI PRIZE MONEY
Mamma Petra la aspettava all'uscita da scuola e la conduceva a Kerpen, dove c'era l'accademia del suo primo coach Robert Orlik. Dopo aver consumato uno spuntino in auto, subito in campo. Cinque ore di allenamento per poi tornare a casa, dove papà Johannes le faceva trovare la cena pronta. “La nostra routine è perfettamente strutturata, altrimenti non servirebbe” diceva a suo tempo, più motivata che mai. Dopo mangiato, un paio d'ore di studio e poi a letto. Sette ore di riposo, prima di ricominciare. Sognava di diventare una professionista e magari entrare tra le top-10. È arrivata al massimo al numero 37: chissà se ne è valsa la pena, se rimpiange quei 75.000 chilometri all'anno che i suoi genitori percorrevano in auto, con lei, per assecondare il suo sogno. Il comitato regionale, la DTB e alcuni sponsor le hanno dato una grande mano. I genitori hanno continuato a spendere, a patto che prendesse il diploma. L'obiettivo è stato raggiunto, ma qualcosa non ha funzionato. Forse il suo corpo era troppo fragile, forse il mondo del tennis non faceva per lei, o forse la sua vera strada era un'altra. Quello dedicato al tennis, per fortuna, non è stato tempo perso. Oltre alla notorietà, le ha regalato 251 vittorie e un bottino di oltre 2 milioni di dollari. Non si è arricchita e dovrà lavorare, ma non ha buttato via del tempo. E poi, chissà, magari un giorno cambierà idea.

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