“Per favore, possiamo cambiare argomento? Parliamo d'altro... guardate, è bel tempo!”. All'ennesima domanda su come saprà gestire la quarta finale Slam, Simona Halep ha chiesto – gentilmente, quasi goffamente – di cessare i paragoni su quanto successo a Parigi nel 2014 e nel 2017, nonché quattro mesi fa a Melbourne. Inutile parlarne ancora, il passato è passato. Sul merito, ha tagliato corto dicendo che potrebbe essere diverso in virtù di una maggiore esperienza “Proverò a rilassarmi nell'avvicinamento alla finale, poi darò tutto sul campo”. Quando parla in inglese, Simona sembra un robottino, ricorda “Super Vicky”, la protagonista di una nota sit-com degli anni 80. Difficile che esprima un pensiero fuori dall'ordinario. Parla di tattica, di tecnica, ripete a nastro le stesse cose. Per questo, la frase menzionata qualche riga fa capire quanto senta la tensione. Normale: partirà inevitabilmente favorita contro Sloane Stephens, un po' come dodici mesi fa contro Jelena Ostapenko. L'americana le proporrà tematiche tattiche ben diverse: Jelena sparava a tutta forza, quasi a occhi chiusi. L'americana la costringerà a scambi lunghi e faticosi, a una gara di resistenza. Trovare un varco per il colpo vincente sarà complicato. E poi c'è la diversa attitudine nelle finali importanti: 0-3 per Simona, una finale e una netta vittoria per Sloane, nove mesi fa allo Us Open. Aveva dimostrato di poter giocare bene sulla terra, ma pochi si aspettavano un piazzamento in finale. Ma contro questa Halep sarà molto, molto dura. Specialmente se dovesse replicare la prestazione di giovedì, un 6-1 6-4 che non ha lasciato scampo a Garbine Muguruza. “È stata più brava, ha meritato, aggressiva dalla prima all'ultima palla” ha detto la spagnola, che di solito non fallisce gli appuntamenti importanti.