Il ritiro (in sordina) del “becchino”

È ricordato soprattutto per aver messo fine alla carriera di Andre Agassi, ma Benjamin Becker è stato anche l’ultimo avversario di Carlos Moya. Ieri è toccato a lui appendere la racchetta al chiodo, dopo una sconfitta bruciante nelle qualificazioni di Wimbledon. “Prossimi tornei? È stata la mia ultima partita”, ha risposto alla domanda di un cronista.
Con un cognome così, lo sapeva fin da ragazzino che non sarebbe passato inosservato, anche se Benjamin Becker ha sempre fatto il massimo per farsi notare il meno possibile. Fa parte di un carattere introverso, visto che in un’epoca di social sfrenati non ha nemmeno un profilo ufficiale su Facebook, Twitter o Instagram, e del suo percorso umano e sportivo, che fino a 24 anni l’ha tenuto nascosto in un college negli Stati Uniti, a studiare finanza e affari internazionali. E visto che i ritiri annunciati degli altri gli sono costati lo spiacevole soprannome di “becchino”, il 36enne nativo di Merzig ha deciso che il suo, di ritiro, non aveva bisogno di alcuna celebrazione. Non è stato un campione del calibro di Andrè Agassi o Carlos Moya, i due che l’ultima stretta di mano da “pro” l’hanno scambiata con lui, nel famoso match del 2006 allo Us Open reso ancor più celebre dall’autobiografia-capolavoro Open e in quello un po’ meno noto del 2010 al Masters 1000 di Madrid, ma ha vinto un titolo ATP d è stato fra i primi 40 della classifica mondiale, non proprio roba da tutti. Però ha scelto di ritirarsi in silenzio, e oggi lo saprebbero solo in pochi intimi se dopo la sua sconfitta contro Illya Marchenko al secondo turno delle qualificazioni di Wimbledon – con tanto di tre match-point falliti e una Babolat lasciata sull’erba del Campo 14 Bank of England Sports Centre di Roehampton – un cronista non gli avesse chiesto i suoi programmi per le prossime settimane. “Nessun programma, questo è stato il mio ultimo match”, ha risposto. “Sapevo già che questo sarebbe stato il mio ultimo torneo, anche se ritirarmi così fa male. Sono veramente inc***ato”.
PROFESSIONISTA DOPO IL COLLEGE, O QUASI
Per uno che ha messo fine alla carriera di Agassi sull’Arthur Ashe Stadium, davanti a oltre 22.000 persone, chiudere la sua in un prato da cricket prestato al tennis, davanti a una dozzina di persone, non dev’essere il massimo, ma il tennis è così. A volte dà e altre toglie, e a Becker ha dato abbastanza. Quella vittoria con Agassi, che al secondo dei suoi 36 Slam giocati in tabellone gli regalò l’unico ottavo di finale (perso contro Andy Roddick) resta il punto più alto di una carriera iniziata solamente nel settembre del 2005, dodici mesi prima del suo magnifico Us Open e a 24 anni compiuti, dopo quattro stagioni passate alla Baylor Univerity di Waco, in Texas. Il suo è uno dei casi di ben riusciti di passaggio fra i “pro” dopo il college, come quelli di John Isner, Steve Johnson e altri. Il punto più alto della sua carriera resterà quella vittoria contro Agassi, ma nel suo palmarès c’è anche il successo del 2009 all’ATP 250 di s’Hertogenbosch e il best ranking alla posizione numero 35 del ranking, arrivata nel 2014 grazie a un ottimo finale di stagione. Il ritiro di Becker – sposato e con due figli, di cinque e due anni – si aggiunge a quelli di Michael Berrer e Andreas Beck, altri due giocatori tedeschi del suo livello, che hanno deciso di dire basta alla fine del 2016. Entrambi sono rimasti nel mondo del tennis, lavorando in delle accademie in Germania, mentre Becker potrebbe sfruttare le competenze nel campo finanziario per provare a calcare altre strade, o addirittura prendersi sei mesi per completare gli studi abbandonati nel 2005. Gli mancava un solo semestre prima della laurea, ma il livello di tennis raggiunto gli suggerì che era il momento di provarci col circuito. Dodici anni dopo può dire di aver avuto ragione.
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