“Pojd” è la versione ceca del “come on!”, del “vamos!”, i più vivi segnali di autoincitamento. Per anni, è stato il grido di battaglia di Petra Kvitova. Ma oggi ha rappresentato qualcosa di diverso, di speciale, di dolce come una confezione di Tatranky, delizioso wafer che va per la maggiore nel suo paese. Tutto il suo clan indossava una maglietta con scritto “Courage". "Belief" e, appunto, "Pojd”. Ma al posto della “O” c'era un cuore. Ed è grande, il cuore che ha permesso a Petra di tornare in campo a tempo di record dopo la terribile disavventura dello scorso dicembre. I fatti sono noti, non vale la pena ricordarli ancora. Semmai, è doloroso riconoscere che l'aggressore la farà franca. E' passato troppo tempo e le indagini della polizia non hanno portato risultati. Ma oggi Petra ride, piena di gioia e commozione, perché la mano sinistra è nuovamente a posto. E' di nuovo una tennista, a maggior ragione dopo il 6-3 6-2 rifilato a Julia Boserup. Poveretta, l'americana: come ha scritto il sito ufficiale del Roland Garros, si è trovata nel pessimo ruolo di “The One To Defeat”. Tutti volevano che perdesse, per completare la favola iniziata nel weekend, quando la Kvitova ha annunciato che sì, sarebbe scesa in campo. A dire il vero, non ha fatto molto per rovinarle la festa. Un 6-3 6-2 rapido e indolore, in cui la Kvitova ha persino mostrato alcuni sprazzi di buon tennis. Sul piano atletico è ancora indietro, ma non potrebbe essere altrimenti. Va bene così, tenendo conto che Parigi è un test, una prova generale per presentarsi più rilassata ai prossimi eventi. Quelli che contano davvero, almeno per lei. “Per me era già una vittoria esserci – ha detto Petra, radiosa – si può dire che io abbia vinto di nuovo. C'era la mia famiglia, c'erano tutti quelli che mi hanno aiutato nei momenti difficili. Credo di aver giocato bene, ma oggi il problema non era il gioco”.