LO "SPIONE" IN AEROPORTO
Lo scorso 14 giugno, la redazione di Deadspin ha ricevuto una mai definita “intrigante”. Il mittente sosteneva di trovarsi all'aeroporto di San Francisco, in attesa di imbarcarsi per Tampa. A due posti di distanza da lui c'era un tipo bianco, di mezza età, di aspetto normale. Si chiamava Steve. Questo Steve faceva una serie di chiamate su vari test antidoping, con tanto di una chiamata direttamente a Serena Williams. In una chiamata precedente, in cui discuteva come gestire la questione, sembrava piuttosto preoccupato. Pare che ci fosse stato un test a sorpresa che non era stato previsto, e il team cercava di risolvere i problemi legati alla violazione del protocollo. In particolare, la violazione della proprietà privata (la persone che si trovava in casa non avrebbe dovuto aprire) e lo stazionamento a casa Williams prima che il test fosse effettuato. Bene, sembra che lo Steve in questione fosse proprio Steve Simon, il capo della WTA. La Wagner ha contattato Simon, il quale ha confermato che nella data in questione aveva viaggiato da San Francisco a Tampa, e che aveva effettivamente chiamato sia la Williams che Tygart, il capo della USADA. Insomma, l'indiscrezione sembra confermata: Serena Williams ha chiamato il capo della sua associazione per lamentarsi dei test antidoping. In effetti, qualche giorno prima del Roland Garros, Serena aveva pubblicato un tweet in cui si lamentava del fatto di aver ricevuto un paio di visite degli emissari antidoping nel corso di una settimana. Nel suo tweet, non ha specificato l'ente che avrebbe effettuato i test (ITF o USADA). Da parte sua, Simon ha spiegato che – nel rispetto dell'integrità del programma – la WTA non può interferire sui test antidoping. Il regolamento USADA è perfettamente uguale a quello WADA. Gli atleti hanno dunque l'obbligo di fornire 60 minuti di reperibilità al giorno. Se non si fanno trovare in quel lasso di tempo, il test è da considerarsi “mancato”. Se l'infrazione si ripete tre volte nel corso di dodici mesi, è stata effettuata una violazione del programma antidoping (esattamente come successo ad Alize Cornet) Tuttavia, la USADA ha la possibilità di effettuare qualsiasi altro tentativo di test, in qualsiasi momento. Se però il test non si svolge, non viene contato come violazione. Sembra proprio che il famoso test del 14 giugno faccia parte di quest'ultima categoria, dunque non c'è stato nessun test “mancato” e la Williams continua ad avere un'ottima reputazione. E l'addetto ha evidentemente sbagliato nel volerla attendere in casa. Resta la domanda sul perché sia testata così spesso. Lei sostiene che ci sia un atteggiamento persecutorio, la USADA risponde dicendo di avere il pieno diritti di provare a testarla dove e quando vuole, per qualsiasi motivo. La WTA ripete che non ha nessun potere, e cerca di essere un buon mediatore. Insomma, sembra che il tennis e l'antidoping funzioni così. Deadspin chiude il suo articolo dicendo che, se è davvero così, significa che il tennis ha un problema. Non è necessariamente vero.